Olivi-Pd, prove di disgelo «Lasciatemi fare politica»

Primo chiarimento con il gruppo, oggi la Leopolda: «Nessun addio al partito e alla giunta». E sferza la minoranza: «Basta mettere in discussione Robol»


di Chiara Bert


TRENTO. «Non faccio il vicepresidente per svernare, non accetto di essere imbalsamato dentro le istituzioni». Vigilia della «Leopolda» dello scontro, quella che Alessandro Olivi ha organizzato per oggi alla sede della Cavit a Ravina invitando alcune decine di amministratori Pd. Dopo cinque giorni di psicodramma, con dimissioni più volte minacciate ma mai presentate, ieri è stato il giorno del disgelo tra Olivi e il gruppo consiliare, che in un comunicato stampa lo aveva accusato di un’azione in solitaria e di un rapporto troppo saltuario con il Pd. L’incontro si è tenuto all’ora di pranzo, nella pausa del consiglio regionale, dopo giorni di silenzio, e il vicepresidente - che lunedì aveva disertato gruppo e coordinamento - ha partecipato. Assenti Mattia Civico (impegnato a Roma) e Luca Zeni (raggiunto all’ultimo, «ho visto il messaggio troppo tardi»). «È cominciato un positivo momento di confronto e chiarimento successivo alle tensioni dei giorni scorsi», spiega alla fine una nota del gruppo. «Alessandro ha chiarito il senso della sua iniziativa a Ravina e abbiamo apprezzato l'estensione dell'invito all'intero gruppo, adesso chiudiamola perché ne va del bene del Pd», è l’appello del capogruppo Alessio Manica. «I membri parteciperanno all’evento compatibilmente con le rispettive agende ed i precedenti impegni», recita il comunicato. Non ci saranno, per precedenti impegni, Bruno Dorigatti e Zeni. Ha già detto sì invece Lucia Maestri. Manica deciderà all’ultimo, se avrà l’ok di tutto il gruppo.

Prima dell’incontro di mezzogiorno, il capogruppo si era chiuso in una stanza per un chiarimento a due con Olivi. Chiarimento «personale prima ancora che politico», ammette Manica, che con Olivi ha condiviso il suo percorso politico ma che negli ultimi mesi si è trovato sul fronte opposto sulla ricandidatura di Andrea Miorandi a sindaco di Rovereto.

Intanto Olivi, che lunedì aveva detto di essersi imposto il silenzio fino a oggi, ci ha rinunciato. E ieri ha spiegato che no, a Ravina non annuncerà addi: né al Pd né alla giunta. «Farò - annuncia - un ragionamento su questo primo anno di legislatura, sui problemi emersi e la necessità che il Pd sia più protagonista, in giunta e fuori». Ma il vicepresidente rivendica soprattutto un «diritto a fare politica» per rilanciare un Partito democratico «che rischia di scivolare in una posizione marginale, stretto tra il tentativo legittimo di Rossi di costruire un blocco territoriale sul modello Svp e Lorenzo Dellai che vorrebbe eterodirigere il Pd». Rassicura che in vista non ci sono nuovi partiti con l’ex governatore: «Il Pd è il contenitore dove alcune istanze dell’Upt devono trovare domicilio». Anche Dellai dunque dovrà pagare il biglietto? «Per lui è omaggio», scherza Olivi. Ma avverte: «Il Pd trentino non può autoconfinarsi nella rendita di posizione del riverbero dei risultati del Pd nazionale». Incalza: «Quale azione stiamo facendo fuori dalle istituzioni? Quali momenti di riflessione abbiamo creato? Negli altri partiti chi ha un ruolo istituzionale può fare politica, io non mi anestetizzo dentro la giunta». E va all’attacco della minoranza lanciando un assist a Giulia Robol: «Ogni volta che la segretaria dice qualcosa, subito c’è il controcanto. Chi guida il partito va aiutato, non messo costantemente in discussione. Il momento per farlo è il congresso».

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