«Numero chiuso? Significa migliore qualità di studio» 

Stefano Oss, laboratorio alla facoltà di Fisica, interviene sulla libertà d’accesso: «All’università il sovraffollamento degli spazi può essere causa d’abbandono»



TRENTO. «Magari, in astratto, potessimo aprire a tutti le nostre porte. Sarebbe bello, non c’è dubbio. Ma è impossibile». Al di là della frase ad effetto, il ragionamento di Stefano Oss, responsabile del laboratorio di comunicazione delle scienze fisiche del Dipartimento di fisica dell’università, da poco in libreria con “Trenta brevi discorsi di fisica”, è più articolato e pragmatico. E si basa anche su dati empirici, quelli determinati dall’esperienza.

Lo scienziato interviene a proposito dell’editoriale, pubblicato domenica, del direttore del “Trentino”, Alberto Faustini, sull’università per la quale si chiede, tra l’altro, l’abolizione del numero chiuso (programmato) ma si riflette anche sulla necessità di maggiori spazi. Intervento al quale ha replicato ieri il rettore Paolo Collini. «Faccio un esempio, che conosco bene da più di trent’anni, che riguarda il primo anno di Fisica – afferma Oss – Per la fisica ci vogliono laboratori e ad ogni studente corrisponde una postazione. Se il numero di ingressi fosse libero non ci sarebbero gli spazi. E quindi ci vorrebbero maggiori risorse. Ma c’è poi un altro dato che ritengo fondamentale».

Quale sarebbe?

Allora. Quando, fino a quattro anni fa, prima del “famigerato” numero chiuso, eravamo arrivati anche a 140 matricole, sa cosa succedeva?

No. Ce lo racconti lei.

Durante o subito dopo il primo anno si perdeva per strada circa la metà degli studenti. E così si metteva in sofferenza quelli più motivati a causa del sovraffollamento delle aule, oltre a buttar via soldi sia delle famiglie che, più in generale, del contribuente. Ma si sprecava anche tempo ed energia.

Lei sta dicendo che il numero programmato è la scelta migliore.

Sostengo che a questo punto, vista la situazione di fatto, il mio è un esempio, ma ce ne sono altri. È meglio selezionare i ragazzi prima dell’ingresso piuttosto che perderli nel corso del primo anno. Sia chiaro, mica accuso gli studenti di qualcosa. C’è pure il diritto di cambiare e fare un’altra scelta.

E poi è anche una questione di risorse, par di capire, sempre che si riescano a superare le norme sul numero chiuso. Almeno così afferma il rettore Collini.

Per arrivare ad un numero di studenti “libero” sarebbe necessario raddoppiare gli spazi (parlo sempre per il mio settore) che non ci sono, checché dica di voler o poter fare la Provincia, ma anche raddoppiare i docenti, ed è una procedura assai complessa, glielo assicuro. Quindi, meglio essere concreti e realisti.

Perciò, per essere concreti e realisti?

Meglio il numero chiuso perché è funzionale alla qualità, all’efficacia, all’organizzazione, alla produttività culturale se non altro dei nostri numerosi corsi dove il laboratorio è didattica fondamentale e non accessoria.

Le diranno che è contro il diritto allo studio.

Assolutamente no. Si figuri. Ormai viviamo in una società che seleziona. E dobbiamo tenerne conto. Non sono contro il diritto allo studio ma per la libertà di un miglior studio. Ovvio, poi, che con più soldi si potrebbe fare di più. Dopodiché, un altro ragionamento, che si dovrebbe fare, è su come si fanno le selezioni e in che “condizioni” i ragazzi arrivano all’università una volta usciti dalle superiori…e questo è un altro capitolo del processo formativo. (pa.pi.)















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