’Ndrangheta in Trentino: 18 arresti
Trento. L’oro rosso delle cave della val di Cembra e la ’Ndrangheta. Una storia iniziata fra gli anni Ottanta e Novanta e che ieri si è trasformata in un’ordinanza di custodia cautelare di quasi...
Trento. L’oro rosso delle cave della val di Cembra e la ’Ndrangheta. Una storia iniziata fra gli anni Ottanta e Novanta e che ieri si è trasformata in un’ordinanza di custodia cautelare di quasi trecento pagine a carico di 19 persone. 13 di queste trentine o residenti in Trentino da decenni. Una storia raccolta dai carabinieri del Ros, analizzata e verificata da quattro magistrati che è una bomba per la provincia. Anche perché c’è la contestazione di associazione mafiosa ma fra i tanti reati c’è anche quello semplificabile come voto di scambio. Con tre politici locali indagati. E viene sancita - dall’accusa - la nascita a Lona Lases di una Locale, una cellula di occupazione di un territorio da parte della ’Ndrangheta. Tutto questo è l’operazione “Perfido”.
L’inizio, i soldi
Per la procura - che si basa anche su ore e ore di intercettazioni - l’inizio di tutto è negli anni 90. La Calabria è segnata dalla seconda guerra di ’Ndragheta. Ci sono i morti e c’è chi se ne va per trovare spazi altrove. E c’è chi lo spazio lo cerca in Trentino e qui arriva carico di soldi pronti per essere investiti. Dove? Nelle cave di porfido, settore (allora più di ora) molto redditizio. «Ma noi non è che facemmo dilanguatamente (delinquentemente) o abbiamo ammazzato persone o rubato, noi non abbiamo pagato lo Stato...non è che noi abbiamo rubato ad una persona…» si legge in un’intercettazione. Da lì parte tutto. E dalla fine degli anni Novanta sarebbero entrati in diverse società con una gestione che - dicono gli investigatori - specie negli ultimi anni segnata da fallimenti e lavoratori sfruttati. Un ruolo di primo piano, nell’inchiesta, a Giuseppe Battaglia, 60enne, sposato con Giovanna Casagranda. Lei è ai domiciliari, lui in carcere. Secondo i carabinieri sarebbe stato lui ad avviare il processo di infiltrazione nel tessuto imprenditoriale cembrano. E non solo. È stato anche assessore comunale (alle cave) di Lona Lases. Perché se ci sarebbe stata l’infiltrazione nel mondo economico, ci sarebbe stata anche in quello politico.
Voto di scambio, le cene
Una delle accuse che viene mossa tocca proprio il rapporto con alcuni politici. Sono indagati Mauro Ottobre, l’ex sindaco di Frassilongo Bruno Groff e l’ex di Lona Lases Roberto Dalmonego. Accuse pesanti per i tre dalle quali ora dovranno difendersi. E poi le cene con esponenti della politica, dell’imprenditoria e giudici. Più in generale con la “ società civile”, cene che vengono lette come il tentativo di creare collegamenti, che poi avrebbero potuto diventare utili. Ma la politica era vista anche un luogo dove diventare direttamente protagonisti.
La cerniera
Un ruolo importante (ma per lui il giudice per le indagini preliminari ha previsto solo l’obbligo di firma) sarebbe quello di Giulio Carini, imprenditore 70enne originario della Calabria ma residente ad Arco che era stato anche insignito del titolo di cavaliere della repubblica. A lui il Ros riconosce un ruolo di collegamento fra la Locale di Lona Lases e il mondo imprenditoriale e istituzionale trentino.
La Locale
In base all’indagine l’organizzazione della “cellula” di Lona Lases sarebbe stata quella classica della ’Ndrangheta. Con i capi e tutto il resto. Una piramide che avrebbe visto al vertice Innocenzio Macheda, elemento di riferimento in Trentino del clan Serraino, ai quali tutti i sodali mostrano il massimo rispetto. E sarebbe stato lui a tenere i rapporti con la “casa madre” anche attraverso frequenti viaggi in Calabria. Ruolo apicale per Giuseppe Battaglia. Primo ad arrivare in Trentino, lui avrebbe diretto ed organizzato gli aspetti economici legati alle cave. Suo anche il ruolo in prima persona in politica. Poi c’è Mario Giuseppe Nania, organizzatore e accusato di diversi atti intimidatori. Poi gli altri con il ruolo di partecipe e alcuni con quello di promotore. C’è quindi la figura di Paviglianiti e della sua associazione “Magna Grecia”. Con sede in via Verruca, avrebbe ospitato incontri fra i sodali, si sarebbe impegnata per entrare a far parte della vita culturale della città. E avrebbe anche raccolto fondi per gli amici finiti in carcere.
Le armi
Nelle intercettazioni si parla molto di armi, di pistole di kalashnikov, ma non ne sono state trovate. Ma, come detto, vengono assai citate come se fossero a pronta disposizione. E sarebbero state usate per minacciare vicini fastidiosi. «Entro dentro - si legge in un’intercettazione - ho preso la "9", sono uscito ... ho detto io "mannaggia a quel Signore" gli ho detto io " la vedete questa? " gli ho detto io "se vedo le macchine, un ’ltra volta" gli ho detto io "qua sopra, ve le faccio tutte a buchi". Uno è fuggito; uno ha cominciato a parlare. Gli ho detto io "no.." gli ho detto io "ora parlo io". Ho buttato uno scarica.. ho scaricato tutta la pistola, di lato! Una raffica».
Il sequestro
Da ultimo, il Ros unitamente alla Guardia di Finanza di Trento è stato delegato all’esecuzione di un decreto di sequestro di beni mobili e immobili, nonché rapporti bancari per un controvalore di 1.500.000 euro, riconducibili ai soggetti destinatari del provvedimento cautelare emesso dal tribunale di Trento.