Muse e Mart, ventun milioni in due

I costi di gestione dei gioielli di Piano e di Botta spaventano: serve una regia


Paolo Mantovan


TRENTO. Bellissimi. Il Mart è un capolavoro di Botta. Il Muse un’opera di Renzo Piano. Gioielli sulla cui convivenza già si discute. Perché il Mart ha costi di gestione pari a 10 milioni l’anno. E il Muse si calcola ne avrà 11. Sarà possibile sostenerli entrambi e mantenere alta l’offerta culturale del Trentino?
E poi ci sarà anche la biblioteca di Botta: il sindaco oggi ribadisce che si farà
Il Mart, prima di venire alla luce, aveva scatenato grande dibattito. Soprattutto a Rovereto. Interrogativi, polemiche, timori di grandezza presuntuosa. Il Muse, invece, sembra già acquisito: è come se i trentini avessero già digerito il Museo della Scienza che sta pian piano alzando il capo nell'area ex Michelin. Un punto a suo favore, diranno molti. O forse qualcuno azzarderà che anche in questo si nota la diversità fra roveretani e trentini: fin troppo verbosi e lamentosi i primi, assai concreti e calcolatori i secondi.
In tutto questo però, pare opportuno riflettere su due grandi opere e su due grandi musei che assorbiranno la parte più consistente delle risorse destinate alla cultura da parte della Provincia di Trento. Se è vero che la cultura è Cultura, che non sarà mai in pareggio, che i conti economici la sviliscono, che solo la disponibilità delle risorse tien vivo un respiro che fa crescere tutto il tessuto urbano e sociale, beh, se tutto questo è vero, è importante che non si arrivi al collasso, che due musei così importanti non si rubino energie a vicenda, che non si metta sotto accusa l'uno piuttosto che l'altro, che non si ingaggi una guerra di territori. E che invece ci si affidi a una regia.
Stiamo parlando di ventun milioni l'anno che se ne vanno in gestione. Il Mart è in piedi dal 2002. Quando il Muse sarà aperto, il Mart di Rovereto avrà più o meno dieci anni di vita: e in questo periodo, come dimostra anche il report dell'Osservatorio provinciale per il turismo curato da Gianfranco Betta e pubblicato nel maggio scorso, il Mart e Rovereto non sono riusciti a spiccare il volo. Non serviva il report per capirlo, ma certo da questa indagine si possono acquisire dati certificati e incontrovertibili. Il Mart nel frattempo è comunque cresciuto, così come il turismo culturale a Rovereto, ma non in proporzioni tali da poter ridere allegramente. La città, dal canto suo, comincia soltanto ora ad avere piena consapevolezza del proprio gioiello, e con ciò si capisce che si tratta di un processo lungo, che chiede un grande sostegno economico fino a quando non diventa patrimonio nella "testa" dei cittadini, degli operatori, dei turisti. Ed è necessario dire, quanto a turisti, che una città si fa visitare non solo per un monumento o un museo, ma per la sua "atmosfera culturale".
E Trento? Può dire di avere già un'atmosfera capace di attirare 170 mila visitatori l'anno dentro il Muse? Per farlo basterà allestire quelle (peraltro azzeccatissime) mostre, tra il didattico e il giocoso, che attualmente sa inventare il Museo Tridentino di Scienze naturali? Oppure si dovranno realizzare eventi di alto respiro, coinvolgere filosofi della scienza con la loro inventiva per dare una spinta propulsiva fondamentale a questa opera?
Attenzione. Il Muse (che sarà un capolavoro architettonico) avrà a disposizione 2700 metri quadrati per esposizioni permanenti e altri 780 metri quadri per mostre temporanee. Avrà una serra tropicale (qui, a due passi dai ghiacciai) di 700 metri quadri. È un'idea bellissima. Ma costa tanto. Succhia risorse. Deve funzionare per forza.
Trento non si pone molti interrogativi. Il cantiere va avanti, il mondo della cultura applaude (ma anche a Rovereto applaudiva), la politica è silenziosa (non è che si accorge di qualcosa che non va un po' tardi, come con la Biblioteca di Botta?), il tessuto commerciale sembra pensare solo ai mercatini e alle domeniche aperte o chiuse. Forse è il caso di gettare il sasso nello stagno.
Trento ha un vantaggio su Rovereto. È già la città del Concilio, ha un Duomo e una piazza bellissimi, ha un meraviglioso Castello del Buonconsiglio che (talvolta) batte pure il Mart quanto a visitatori. Ma, ecco un'altra insidia (e se sono belle si tratta sempre di insidie piacevoli), adesso c'è anche Castel Thun. Che ha subito fatto volare il numero di visitatori. Giocano insieme Castel Thun e il Buonconsiglio. Ma per Thun, dopo i primi entusiasmi, bisognerà inventare dell'altro.
Di fronte a queste sfide della cultura (che per fortuna il Trentino ha saputo mettere assieme) par di capire (anche dalle confessioni sottovoce che provengono da alcuni direttori o dirigenti) che c'è bisogno di mettere in rete i gioielli. Bisogna avere le idee molto chiare sul Muse, innanzitutto, ma occorre costruire una sinergia fra tutti i gioielli. Un biglietto unico, suggeriva l'assessore Tiziano Mellarini durante l'estate. Forse qualcosa di più. Certo, occorre un po' di coraggio. C'è da mettere un tigre nel motore.

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