Morto in cella, parlamentari in carcere

Dopo il decesso di un detenuto, la Commissione giustizia del Pd va a Spini. Palermo: «Struttura moderna senza risorse»


di Giuliano Lott


TRENTO. Dopo la tragica fine del giovane detenuto, trovato agonizzante all’alba dai compagni di cella e poi spirato - secondo i medici per cause naturali - si muove la politica. Tra qualche giorno infatti una delegazione di tre deputati del Pd, farà visita alla casa circondariale di Spini di Gardolo per prendere contezza dello stato della struttura carceraria. L’iniziativa è del Dipartimento giustizia del Pd e fa seguito all’interrogazione che il senatore Luigi Manconi ha sottoposto al ministro della giustizia Anna Maria Cancellieri in merito alle recenti morti in carcere: oltre al caso di Trento c’è infatti quello di Regina Coeli a Roma, dove un carcerato di 31 anni è deceduto in seguito a una polmonite non diagnosticata dal servizio sanitario della struttura penitenziaria. Non ci sarà, nella delegazione, il senatore Manconi, poiché impegnato all’estero, e nemmeno il senatore altoatesino Francesco Palermo, membro della Commissione tutela diritti umani, il quale aveva però visitato il carcere di Spini solo un mese fa. «Nella mia esperienza - racconta Palermo - ho visto di tutto e posso assicurare che in Italia ci sono carceri molto peggiori, come quello di Bolzano, che versa in una situazione addirittura subumana. Tuttavia anche quello di Trento, che è un carcere moderno, soffre di carenze importanti». La principale mancanza di Spini è legata, spiega il senatore altoatesino, proprio alla sua stessa natura di carcere “tecnologico”. «Mancano le risorse per garantire il funzionamento e la manutenzione delle dotazioni tecnologiche e delle strumentazioni che servono al personale di sorveglianza. Inoltre sta peggiorando la situazione del lavoro: nonostante l’impegno delle cooperative che svolgono a Spini dei programmi di avviamento al lavoro, insegnando un mestiere ai detenuti, è sempre più difficile portare avanti queste iniziative. Il problema è far entrare il lavoro in carcere, tanto più in una struttura inserita in un’area produttiva come quella di Spini. Fino a poco tempo fa, i detenuti svolgevano compiti di assemblaggio per la Whirlpool, ma oggi l’azienda, che ha avviato un percorso di abbandono del territorio, ha interrotto questo importante rapporto con il carcere». Il lavoro svolge un ruolo determinante nella vita dei detenuti, spiega ancora Palermo. «Quello di Trento è un carcere circondariale, dove si scontano periodi di detenzione breve, o provvisori, per cui molti detenuti non sono né interessati né incoraggiati al lavoro. Ma il problema vero è che, mancando un’opportunità di imparare un mestiere e di cambiare vita, i detenuti rischiano di uscire, una volta scontata la pena, e ripiombare in un contesto dove il crimine rappresenta la normalità. I carcerati escono, per così dire, peggiori di come sono entrati. Altro che reinserimento in società».

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