Morte prematura, scatta la maxi causa
La moglie e i figli di un 70enne chiedono oltre 853 mila euro all'Azienda sanitaria
TRENTO. Aveva settant'anni quando, era il 2010, morì. Un decesso dovuto ad un tumore che lo aveva divorato. Ma le sofferenze che ha patito assieme al fatto che potenzialmente poteva vivere altri 12-18 mesi, fanno scattare un'azione legale contro dell'Azienda sanitaria. Con una richiesta danni che supera gli 853 mila euro. A presentare l'atto di citazione l'avvocato Claudio Severini per conto della moglie e dei figli dell'uomo.
La vicenda sanitaria è lunga quanto travagliata e secondo l'atto di citazione le colpe dell'Azienda risiederebbero nel prolungarsi delle degenze, del dolore e in due operazioni che - si sostiene - potevano essere evitate. Non solo. Quello che è successo avrebbe comportato un anticipazione del decesso. La ricostruzione dell'avvocato inizia con un intervento - tramite laparoscopia - della fine del 2007 necessario per una neoplasia intestinale. Poi un'altra operazione a metà maggio dell'anno successivo, e poi un'altra meno di due settimane dopo. Un'operazione che, sempre stando alle accuse, «fu quindi dovuta al lavoro incompleto fatto dai chirurghi». La malattia dell'uomo intanto progredì e, anche a causa di enormi sofferenze, ci furono altri ricoveri al Santa Chiara fino al 23 febbraio 2010 quando l'uomo morì.
Le conclusioni sono queste: se da una parte si spiega che la causa della morte dell'uomo sono certamente la malattia e il tumore, dall'altra viene evidenziato che «la perforazione, il primo intervento corettivo, la necessità di un secondo intervento, la nuova perforazione, sono da ascrivere a conseguenza di una cattiva e ripetutamente errata manualità chirurgica. Sono quindi da ascivere a responsabilità degli operatori il prolungarsi delle degenze, almeno due interventi chirurgici che potevano essere evitati, le conseguenze invalidanti della stomia e tutto ciò che ne consegui, compresa l'anticipazione del decesso». Da qui la causa.