Morte di Megalizzi: cinque fermati  

Sono sospettati di complicità con l’autore della strage di Strasburgo nella quale perse la vita anche il giornalista trentino



TRENTO. Cinque persone sono state fermate in Francia nell’ambito dell’inchiesta sull’attentato al mercatino di Strasburgo. I fermati sono sospettati di essere coinvolti nella fornitura dell’arma all’attentatore Cherif Chekatt. L’11 dicembre scorso, il ragazzo schedato con la lettera «S» dei radicalizzati a rischio uccise cinque persone, tra cui il giornalista trentino Antonio Megalizzi morto tre giorni dopo, nei pressi del mercatino di Natale di Strasburgo.

La caccia all’uomo era durata 48 ore. Poi, a qualche centinaia di metri dal luogo in cui fece perdere le proprie tracce, dopo aver fatto strage al mercato di Natale, Cherif Chekatt era stato localizzato e «neutralizzato». La fuga del terrorista era finita a rue Lazaret, dove i passanti, dietro le transenne, applaudirono i poliziotti impegnati nel blitz decisivo. Neppure un’ora dopo la sua morte l’Amaq, l’agenzia dello stato Islamico, aveva battuto la rivendicazione dell'Isis: «Chekatt era un nostro soldato. Ha portato avanti l’operazione per vendicare i civili uccisi dalla coalizione internazionale».

La capitale europea del Natale, Strasburgo, era piombata nel terrore in una sera di dicembre, quando le luminarie delle feste illuminarono all’improvviso una scena di guerra: spari in mezzo alla folla, morti, feriti accasciati nelle strade, persone che fuggivano urlando. Tra i feriti c’era anche Megalizzi. Per Antonio, colpito alla testa, la speranza era appesa ad un filo. «Condizioni irreversibili e inoperabili», era stata la sentenza pronunciata dai medici alla famiglia. A soli 29 anni, il giovane era passato dal coma alla morte, diventando la quarta vittima dell’attentato di Strasburgo. Le vittime sarebbero salite a cinque. Antonio era stato descritto dagli amici come un europeista convinto, una persona brillante, determinata, ma anche rispettosa delle differenze. La sua morte aveva colpito al cuore l’ Italia e l’ Europa, senza fine i messaggi sul suo profilo Facebook, commossa la lettera che gli amici avevano attaccato al muro sotto la sua casa a Trento, dove il giovane viveva assieme al papà Domenico, alla mamma Annamaria e alla sorella più piccola, Federica. «Per te sposteremmo anche le montagne», era stato il loro saluto. «Come molti giovani si impegnava per un’Europa con meno confini e più giustizia. Comprendeva che le difficoltà possono essere superate rilanciando il progetto dell’Europa dei diritti, dei cittadini e dei popoli, della convivenza, della lotta all’odio, della pace» aveva detto il capo dello Stato, Mattarella, nel suo messaggio di fine anno.













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