Mercato immobiliare, è scomparsa la classe media
Il presidente di Fimaa Rigotti: «I giovani non hanno soldi e non ottengono i mutui. Si vendono meno case e più ville»
TRENTO. La grande assente sul mercato immobiliare è la classe media, che non ha più né i soldi né le certezze di futuro. Una generazione fa c’era il lavoro (sicuro), c’erano le banche che concedevano i mutui e una giovane famiglia poteva realizzare quello che per i giovani di oggi è un sogno: comprare casa. Severino Rigotti, presidente di Fimaa Confcommercio, traccia un quadro di enorme difficoltà, a cominciare dai tempi di vendita. «Si sono allungati in maniera notevole», afferma. «Ci sono immobili in vendita da due anni. Il privato ha una sua aspettativa e non si è reso conto che il mercato è cambiato».
Evidentemente può permettersi di aspettare.
Dipende dalle esigenze: se uno ha bisogno di casa no, chi vuole investire può stare tranquillamente alla finestra. In questo momento c'è moltissima offerta, forse troppo. E in questi casi il mercato va un po’ in confusione. C'è chi aspetta nella speranza che scendano ancora i prezzi e chi ha paura che rivendendo ci rimetta.
E questo nuoce al mercato.
Certo, sono tutte potenzialità di vendita che svaniscono.
Torniamo ai tempi: da cosa dipende questa dilatazione?
Dipende molto dal rapporto prezzo/qualità: se è buono siamo sui 6-7 mesi, altrimenti molto di più.
Gli immobili più difficili da piazzare?
Sembra incredibile, ma quelli di maggiore pregio, per poche tasche, hanno sempre il loro giro: magari ci vuole più tempo ma vengono venduti. Parlo di immobili dai 900 mila euro ai 2 milioni. Quella che sta soffrendo di più in questo momento è la prima casa.
Per quale motivo?
Anche se i prezzi sono in campana, il credito non dà la copertura finanziaria necessaria. La Provincia è intervenuta e anche bene, coprendo fino al 30%, la differenza tra il mutuo richiesto e quello concesso. E' un provvedimento del dicembre scorso, che riguarda i redditi vincolati all'Icef.
É un aiuto non risolutivo, però...
Sì, perché si innesca un altro meccanismo: una giovane coppia, che non ha aiuti, fa fatica ad avvicinarsi ad una proprietà immobiliare. I risparmi non sono sufficienti e questo determina, fra l’altro, una ripresa delle locazioni. Il “social housing” è nato proprio per questo: per mettere a disposizione di questi nuclei “deboli” dei canoni moderati.
Qual è la conseguenza più grave per voi addetti ai lavori?
Che viene a mancare la fetta di mercato della media borghesia: quella che acquista immobili dai 300 ai 700 mila euro. Oggi si fa molta fatica e contribuisce il fatto che non essendoci la certezza del lavoro, le banche non ti considerano un buon cliente.
Intanto gli immobili restano “sul groppone” a voi.
Sì, a volte fanno il giro di più agenzie, 4 mesi di qua e 4 di là, oppure vengono affidati a più agenzie, il che è sbagliatissimo. Capita così che ci siano immobili nuovi che diventano usati perché sono in attesa di un compratore da 4-5 anni. Si stanno anche diversificando i metodi di costruzione...
Ciò cosa comporta?
Che c'è una richiesta accresciuta di strutture tipo casa-clima, con il legno che sta prendendo molto piede, anche in città. La gente oggi vuole conoscere il consumo di chilowattora.
Quali le prospettive?
Il momento politico non aiuta: ho paura che se andiamo avanti così, altro che Cipro... Tra l’altro, essendo noi gli ultimi a risentire dei fenomeni globali la vera crisi la patiamo adesso. E arriverà dopo anche la ripresa.
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