Mercalli: «Pedaggio o chiusura a ore per rilanciare i passi»
l meteorologo:
TRENTO. Non si può essere manichei: o tutto nero o tutto bianco. Non è il caso di chiudere tutte le strade, sempre, o di lasciarle, sempre, tutte quante aperte. Però, sarebbe il caso di cominciare a discuterne. Per davvero.Passi dolomitici con pedaggio di ingresso per i mezzi motorizzati e magari liberi per le auto elettriche e i mezzi pubblici o forse, ancora meglio, accessibili ad auto e moto esclusivamente a tempo determinato. Solo in certe ore del giorno o in certe giornate della settimana. Liberi soltanto pedoni e ciclisti. Lo scopo non è tanto guadagnarci oppure limitare il traffico motorizzato, quanto piuttosto educare i frequentatori della montagna, facendoli riflettere e facendo loro capire che non tutti i comportamenti sono identici, non tutti sono leciti e che chi provoca danni ai beni collettivi chiamati ambiente e atmosfera dovrebbe pagarne il relativo prezzo.
La cosiddetta tassa del carbonio, mai applicata in Italia e che ora, su sollecitazione del meteorologo Luca Mercalli, potrebbe trovare la prima applicazione pratica almeno a livello locale, sui passi dolomitici. Noto volto televisivo, uno dei massimi climatologi ed esperti di meteorologia a livello internazionale, ma soprattutto pensatore illuminato e trasversale, Mercalli nello scorso fine settimana era in regione, in occasione della Maratona dles Dolomites. Un’occasione per discutere, con chi conta, sul futuro delle Dolomiti.
Mercalli non propone ricette, piuttosto si pone dei quesiti. «È indubitabile che sia il caso di limitare l’afflusso sui passi dolomitici, come in tutte le zone ipersfruttate». Come? Gli esempi, a livello internazionale, non mancano. «Basti pensare al Grossglockner, in Austria. Si è imposto un pedaggio, tutt’altro che minimale. Si percorre una strada d’alta quota, panoramica. Ci sono musei incentrati sulla sensibilizzazione ambientale e paesaggistica. La tariffa è elevata. Nonostante questo, i transiti restano innumerevoli. Però, almeno, si incassano denari, da reinvestire poi in progetti ambientali».
Più che altro, secondo Mercalli, il pedaggio è positivo perché possiede una valenza pedagogica. «Sposta il baricentro dalla banalizzazione della montagna». Non è una soluzione soddisfacente, ammette lo stesso Mercalli, ma comunque facilita la responsabilizzazione individuale nei confronti dell’ambiente. «Se devo pagare, significa che il tal luogo possiede un suo valore». Banalizzando per capirsi: chi è libero di salire sui passi solo per testare le prestazioni del motore, non ci fa caso. Se invece deve pagare, magari gli si accende una lampadina in testa. Si paga per l’autostrada, perché se ne trae un vantaggio per sé: la velocità di percorrenza. Si dovrebbe pagare in montagna, per far trarre un vantaggio alla collettività. Perché quel posto vale, ha un valore. Un atto simbolico, per indurre il turista a riflettere. Ma pagare una carbon tax forse non basta.
Le opzioni possibili sono anche altre. In Piemonte, per esempio, ci sono un paio di esempi assai positivi. Al Colle del Nivolet, 2600 metri nel parco del Gran Paradiso, in estate la domenica si sale solo camminando. “A piedi tra le nuvole: spegni il motore, ascolta la montagna”, così si chiama l’iniziativa. Un altro caso è la Strada dell’Assietta. Sterrata, si arriva sui 2.400, due giorni alla settimana, mercoledì e sabato, si sale soltanto in bici. Chi vuole percorrerla coi mezzi motorizzati, ha a disposizione gli altri cinque giorni della settimana. Insomma, no al manicheismo. Non chiudere tutto, lasciare spazio ai mezzi pubblici. Servirebbe un atto simbolico, perché il pedaggio, il vile denaro, da solo non basta. «Dovremmo educare, indurre alla riflessione».
E per questo, servono degli ostacoli, ci si potrebbe permettere di definirli dei dossi rallentatraffico. «Se sai che in certi giorni non puoi salire, che in certe ore non puoi passare, che devi guardare gli orari sul web, che devi informarti, sei indotto a riflettere». Gli enti locali - nel caso dolomitico Bolzano Trento e Belluno - dovrebbero pubblicare o meglio pubblicizzare i dati sui flussi di transito, sull’inquinamento. Farebbero riflettere. «Nella società contemporanea siamo abituati a pensare che tutto sia possibile e lecito. E che non esistano dei limiti. Ma non è così».
E chi supera i limiti deve pagarne il prezzo. Chi sale in bici inquina meno di chi sale in auto. E la montagna è un ambiente delicato, all’interno del quale non ci si può addentrare in troppi. «Nemmeno se sono troppi pedoni o troppi ciclisti». Sulle Dolomiti, dove i passi assolvono a una funzione importantissima di passaggio da una valle all’altra, non si può pensare a una chiusura assoluta ai motori. Ma un sovrapprezzo per i turisti sarebbe utile. «Per farli riflettere».