«Medici con la valigia? Ne va della sicurezza»
Netta contrarietà del presidente dell’Ordine Ioppi alla proposta di trasferte forzate negli ospedali di valle. I sindacati: «No senza qualcosa in cambio»
TRENTO. “Dobbiamo evitare di cadere nella tentazione di volere dei servizi esclusivamente per soddisfare richieste e pretese localistiche, arrivando a giustificare soluzioni non ottimali, servizi sparsi sul territorio, a qualsiasi costo, dimenticando la sostenibilità e senza tenere nella dovuta considerazione l'importanza di mettere in condizione il medico di bene operare”.
Il presidente dell’ordine dei medici di Trento, Marco Ioppi, non ha dubbi. Non si può da un giorno all’altro pensare che un medico, che venga rimbalzato di ospedale in ospedale, presti la propria opera con la medesima qualità, senza minare i criteri di sicurezza per i pazienti. Si potrebbe, certo, ma non con questa velocità e con soluzioni dettate dall’emergenza. “Non dobbiamo perdere di vista l'obiettivo primario che è la difesa della qualità e della sicurezza del servizio sanitario e il dovere di assicurare a tutti l'accessibilità ai servizi essenziali" continua Ioppi. "Facendo lavorare un medico una volta qui e una volta là con equipe diverse, ambiente non abituale, modalità e situazioni in continuo cambiamento vuol dire non dare quell'importanza alla continuità ambientale e alla ripetitività di atti e interventi che sono ritenuti fondamentali per fare risultati di qualità e assicurare quella qualità del servizio sanitario a cui tutti dovremmo tendere”.
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Per Ioppi la soluzione non può essere semplicemente e in modo semplicistico il “medico con la valigia in mano”. “Sarebbe pericoloso pensare che tutto possa essere risolto con un incentivo economico – conclude il presidente dell’ordine dei medici trentini -. La salute non si compera, ma la si ottiene con il coinvolgimento attivo e responsabile di medici, cittadini e istituzioni.
Non si può pensare che un medico giovane e senza la necessaria esperienza e sicurezza che si acquisisce con anni di attività e di dedizione, possa assicurare quella qualità e sicurezza di prestazioni e di atti che ogni utente pretende giustamente di avere quando si affida ad un medico e non si può far pesare sul medico una organizzazione difficile e onerosa come quella di un territorio come il Trentino che nel breve arco di poche settimane deve articolare un progetto di organizzazione dei punti nascita. Una organizzazione, inoltre, che si mette sul mercato con l’urgente richiesta di accogliere chiunque si presenti, corre il rischio di esporsi a debolezze preoccupanti che temo debba pagare nel tempo”.
Accorrete in Trentino, ci servono medici. È chiaro che il rischio è che quelli che arrivino siano meno abili e capaci.
Che non si possa “spedire” un medico giovane e neo assunto negli ospedali di valle è anche il pensiero di Enzo Galligioni, ex primario di oncologia al Santa Chiara e presidente dell’Anpo per il Trentino in attesa di passare la mano al collega Giuliano Brunori, direttore di nefrologia. “I medici che vanno in periferia devono essere i più autonomi e formati – spiega Galligioni -. La rotazione può rappresentare una soluzione preziosa dal punto di vista clinico a patto, però, che venga contrattualizzata, quello che manca in questo momento è la normativa”.
Dello stesso avviso sono Piergiuseppe Orlandi del Cimo e Romano Nardelli, primario di pneumologia ad Arco e rappresentante dell’Anaao. “Bisognerà vedere cosa ci proporrà l’Apran – dice Orlandi -; le resistenze da parte dei medici ci sono, ma è chiaro che qualcosa in cambio dovremo avere…”. “Sul tavolo la proposta c’è da un anno e mezzo – racconta Nardelli -; la disponibilità da parte nostra c’è, ma bisogna vedere i tempi e le modalità”.