POLITICA

Lo strappo di Dellai:"No al partito democratico"

«In Trentino vogliamo una sezione locale del partito democratico o abbiamo il sogno di un soggetto nostro, radicato nel territorio ma aperto al nuovo?». Lorenzo Dellai lancia il suo nuovo progetto politico per il Trentino: un partito autonomo, con nome, simbolo e organizzazione diversi dal Partito democratico, capace di conquistare elettori al centro in vista delle provinciali 2008. Ma ci sono molte voci contrarie. Cosa ne pensate?


Chiara Bert


TRENTO. «In Trentino vogliamo una sezione locale del partito democratico o abbiamo il sogno di un soggetto nostro, radicato nel territorio ma aperto al nuovo?». Nella cornice asburgica del passo della Mendola, scelto per il parlamentino estivo “fuori porta” della Margherita, Lorenzo Dellai lancia il suo nuovo progetto politico: un partito autonomo, con nome, simbolo e organizzazione diversi dal Partito democratico, capace di conquistare elettori al centro in vista delle provinciali 2008 e di aprirsi alla società civile. Il 16 settembre l’assemblea costituente.

 Nella sala delle feste della Villa Imperiale, costruito ad inizio ’900 per le ferie degli Asburgo e oggi residence da cento appartamenti, Dellai parla per 17 minuti e alla fine convince il suo partito a seguirlo. Il parlamentino vota all’unanimità il documento presentato dal coordinatore Giorgio Lunelli: la Margherita considera «irrinunciabile» che nel regolamento per la costituzione del Pd ci sia la garanzia per il Trentino di «un percorso politico originale», con tempi diversi da quello nazionale, un partito con autonomia su nome, simbolo, manifesto, finanze, organizzazione, ma confederato con il Pd nazionale.
 «Non si tratta di chiedere a Roma che ci lasci regolette diverse - incalza il presidente - è il tempo di una piena autonomia politica del Trentino». «Nessun localismo, né nostalgia di ciò che è stato, dalla Dc al grande centro - avverte Dellai - un partito territoriale, erede delle tradizioni e laboratorio politico, è il solo modo per tirare fuori il nuovo».

 Ma questo nuovo che cos’è? Il governatore sogna «un Trentino delle nuove frontiere, che parla ai giovani, che tiene insieme valli e nuove tecnologie, dove si sperimenta nelle politiche sociali e nella scuola». «L’esposizione mediatica di Veltroni finirà - profetizza - e a quel punto resteranno le esperienze concrete dei territori, resterà chi non ha cancellato le culture politiche di appartenenza. Il Pd non può essere un leader carismatico con sotto il nulla. A Roma dovrebbero apprezzare il nostro progetto originale».

 Dellai indica ai suoi l’obiettivo ma anche i modi per arrivarci: evitare polemiche con gli alleati, salvaguardare l’unità della Margherita, riflettere e agire senza chiedere autorizzazioni. Poi accelera i tempi: occorre anticipare il 14 ottobre (data delle primarie per i vertici del Pd, ndr), dare vita ad un «grande processo di partecipazione» che vada oltre gli iscritti, perché «un nuovo soggetto politico può nascere solo con un’ampia condivisione della società civile».
 L’appuntamento è per il 16 settembre, convocazione dell’assemblea generale della Margherita: in quell’occasione il gruppo di lavoro presenterà la proposta politica che sarà elaborata nei prossimi due mesi.

 Chi saranno i compagni di viaggio in questa nuova avventura ancora non è dato sapere. I Ds accetteranno lo sganciamento dal Pd? «Non vedo rischi di dividersi, è un progetto aperto», ripete Dellai. In molti interventi - da Giorgio Casagranda ad Andrea Robol, da Beppe Zorzi a Mario Magnani - rieccheggia l’apertura a «nuove alleanze». L’appuntamento sono le elezioni provinciali 2008 e per provare a vincerle occorrono due condizioni: conquistare quell’elettorato di centro che oggi fatica a riconoscersi nel centrosinistra e mai voterebbe per il Partito democratico, mantenere l’alleanza con gli autonomisti del Patt che oggi minacciano di passare col centrodestra. Se il nuovo soggetto trentino sarà qualcosa di diverso dal Pd - è il ragionamento della Margherita - il Patt resterà con il centrosinistra.
 «Il Pd è nato per salvare il governo Prodi ma oggi proprio la crisi del governo lo sta uccidendo», osserva Lunelli. «Il partito territoriale è il nostro Dna, i partiti del 21º secolo non possono più essere partiti nazionali perché non rispondono alle esigenze locali».
 Il coordinatore boccia le nuove regole del Pd: «Siamo al centralismo democratico, democrazia vuol dire scegliere i leader per competizione e non attraverso liste bloccate dai partiti». Un meccanismo per evitare le preferenze e le degenerazioni al Sud? «Qui non siamo al sud. Vogliamo scegliere progetti ma anche persone», scandisce Lunelli. Sotto accusa ci sono i Ds, «che sul Pd hanno fatto il doppio gioco» sentenzia Mauro Betta. Eppure restano loro i primi interlocutori del nuovo soggetto territoriale. Solo pochi giorni fa hanno detto «no» ad un partito diverso dal Pd. Ora Dellai rilancia e attende reazioni













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