in tribunale

Lo stalking del pentito su moglie e figlio

L’uomo svelava il luogo in cui la famiglia viveva sotto falso nome e li metteva in pericolo: rinviato a giudizio



TRENTO. Tormentava l’ex moglie e il figlio di 8 anni e li metteva in pericolo più volte rivelando dove si nascondevano. Questo ha fatto sprofondare la donna e il bambino in un vero e proprio incubo. Per questo un collaboratore di giustizia, uno di quelli che vengono comunemente chiamati pentiti, è stato rinviato a giudizio per atti persecutori, detti anche stalking, dalla giudice Claudia Miori.

Quello che si è discusso ieri in Tribunale, all’udienza preliminare, è uno stalking molto particolare. Si tratta di una vera e propria persecuzione che il pentito, a sua volta sottoposto a un programma di protezione, attuava approfittando della sua condizione. In particolare, si faceva rivelare dal figlio il luogo in cui questi viveva sotto protezione insieme alla mamma e poi lo rendeva pubblico. In questo modo metteva in pericolo sia la moglie che il bambino, dal momento che le organizzazioni criminali contro le quali il pentito di ’ndrangheta aveva rilasciato dichiarazioni, avrebbero potuto vendicarsi sul bambino e sulla donna.

Per questo motivo, il programma nazionale di protezione ha dovuto trasferire per ben undici volte la donna e il piccolo che hanno vissuto a lungo a Trento. Questa situazione ha gettato l’ex moglie dell’uomo nel panico. La donna, preoccupata per l’incolumità sua e del figlio, ha vissuto nel terrore per anni. E tutto perché l’ex marito voleva ancora controllare le loro vite. Dopo anni in questa condizione, proprio quando si trovava sotto protezione a Trento, la donna ha deciso di presentare denuncia. Così ieri la vicenda è approdata all’udienza preliminare.

L’uomo è già stato condannato dal Tribunale di Aosta per stalking, ma nonostante questo ha continuato a molestare la moglie e a metterla in pericolo. Le molestie venivano attuate cercando di gettare in condizione di sempre maggiore timore la donna. Nonostante il programma di protezione per il bambino, e quindi per la mamma cui il piccolo è affidato, l’uomo aveva contribuito a rendere noto il luogo in cui il figlio si trovava.

Questo ha comportato una serie di trasferimenti consecutivi per il bambino e la mamma. I due sono stati trasferiti ben undici volte nel giro di pochi mesi e questo ha provocato anche un grave stato di ansia e di sofferenza psicologica per il bambino, costretto a cambiare città, scuola e amici a un ritmo vertiginoso. L’uomo, però, non si curava delle sofferenze che provocava al figlio. Secondo l’accusa, il suo scopo era quello di avere il controllo sulle vite del bambino e della moglie.

L’uomo riusciva a sapere dove si trovassero proprio interrogando il bambino che sentiva per telefono. Per convincere il figlio gli prometteva regali e soldi per comprare giochi. Il bambino cedeva e gli rivelava il luogo e la città in cui era nascosto insieme alla mamma.

Più volte l’uomo si presentava nei luoghi in cui il bambino e l’ex moglie vivevano e pretendeva di vedere il figlio. Ogni volta, il servizio di protezione doveva spostarli nel timore che l’uomo fosse stato seguito da appartenenti all’organizzazione criminale di cui faceva parte.













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