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Licenziato, ricompra la bottega del suo «capo»

La storia di Giancarlo Saitta: «Mi hanno mandato a casa dopo 21 anni per la crisi. Passati due mesi senza far niente, mi sono buttato investendo tutti i risparmi»


di Luca Marognoli


TRENTO. Imprenditore “per necessità”. Giancarlo Saitta, 47 anni, di Trento, moglie e un figlio di 16, ha riaperto la bottega da calzolaio di piazza Lodron, dove ha lavorato per 21 anni come dipendente. «Dopo due mesi di disoccupazione - racconta - piuttosto che stare a casa a non fare niente ho deciso di buttarmi». Così ha aperto la partita Iva da artigiano autonomo, ha preso in affitto i locali, acquistato le macchine e iniziato una carriera da “capo di se stesso”. Restare senza impiego è stato come un fulmine a ciel sereno. «Lavoravo per una ditta di Milano che aveva altri negozi in Italia. Il giovedì mi hanno consegnato la lettera di licenziamento per giusta causa, motivata dalla crisi, e il sabato - era il 22 novembre - hanno chiuso. Domenica avevano già portato via tutto».

Ha cercato lavoro in questi mesi?

Sono stato all'ufficio di collocamento, dove mi sono messo le mani nei capelli: ho atteso dalle 8 a mezzogiorno solo per l'iscrizione, c'era tanta fila da fare spavento. Lì mi sono reso conto che c'è davvero tanta gente a casa.

Era disposto a fare anche altre cose?

Sì, certo. Ho cercato e guardato in giro, ma alla mia età è molto difficile essere presi. Anche per i prestiti, dopo i 30 anni non hai agevolazioni. Così ho deciso di buttarmi: ho interpellato i proprietari dei muri, che mi hanno dato il locale in affitto. Poi ho chiesto alla ditta precedente se potevo acquistare i macchinari e i mobili, che erano fatti su misura e a loro non sarebbero serviti a molto. Erano a Milano, in deposito, e me li hanno dati.

Deve essere stato uno sforzo economico non da poco...

Sì, ho investito tutti i miei risparmi e il Tfr: tutto quello che avevo.

È fiducioso? È vero che con la crisi la gente ripara più che comprare?

Mi hanno fatto questa domanda 5 anni fa quando eravamo agli inizi della crisi. La risposta è sì e no: purtroppo con l'entrata dei cinesi c'è chi acquista le scarpe a 15 euro al paio e piuttosto che risistemarle le ricompra nuove. Non si sa la provenienza né il materiale, ma la gente vuole risparmiare.

Nel settore della calzoleria c'è concorrenza sulla piazza di Trento?

Siamo in 4 o 5 ma c'è lavoro per tutti. Anche prima era lo stesso: c'è chi è specializzato più in una cosa e chi in un'altra. Io? Faccio risuolature, duplicazione di chiavi e vendita di accessori, anche se al momento non ho: tenevamo lacci, creme e sottopiedi.

Lei i clienti li attira anche con prezzi favorevoli?

Siamo sempre stati in campana, senza mai esagerare. I prezzi inoltre ci vengono consigliati dalle fabbriche: sono più o meno gli stessi per tutti.

Sono cambiate le richieste della gente rispetto a 20 anni fa?

No, il lavoro è rimasto lo stesso. E anche i clienti.

Ne ha di affezionati?

Ne avevamo che venivano da anni. Spero che ora ritornino.

Come ha iniziato a fare il calzolaio?

Cercavano una persona e ho imparato sul campo. Ho lavorato due anni e mezzo al Bren Center e altri due al “tacco svelto” dell'Ovs: si chiamava Mister Ok.

Ora dovrà farsi pubblicità...

Farò dei volantini e poi conto sul passaparola: Trento è una città piccola...

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