Liberazione, un inno contro muri ed egoismi
Negli interventi del sindaco Andreatta e degli altri relatori l’appello a far vincere la solidarietà. Mara Rossi dell’Anpi: «Più spazio alle donne»
TRENTO. Grande partecipazione, ieri, alla Cerimonia di commemorazione del 25 aprile che si è tenuta nel salone di rappresentanza di Palazzo Geremia, arricchita da alcune esecuzioni della Corale Bella Ciao diretta dal maestro Tarcisio Battisti. Tra i presenti anche l’avvocato Lamberto Ravagni (Partigiano nella Divisione Garenni), Rodolfo Bragagna detto “Antonio”, (Partigiano di San Michele all’Adige) e Marco Battisti (figlio di Gigino Battisti). Un vero e proprio tuffo nel passato, che avrà sicuramente fatto piacere al sindaco Andreatta. «Occorre tornare al passato per immaginare il futuro – ha detto, infatti, in apertura – perché gli anniversari hanno la funzione di dirci se e quanto siamo avanzati, e in quale direzione». Secondo il sindaco, quest’anno il 25 aprile ha un significato particolare, di fronte ai fili spinati e ai muri che sono e continuano ad essere eretti: «In un momento in cui dovremmo trovare l’intesa in Europa – ha spiegato – ci prepariamo invece all’“ognuno per sé”, a una sorta di nichilismo che (con le parole di Ignazio Silone) “è l’identificazione del bene, del giusto e del vero con il proprio interesse”».
E allora forse vale la pena buttare un occhio al passato, come ha fatto Elena Tonezzer della Fondazione Museo Storico del Trentino, che ha dato una panoramica della vita di Luigi “Gigino” Battisti, primogenito di Cesare Battisti e Ernesta Bittanti: Gigino nasce nel 1901, a Trento, e vivrà tutta la sua vita (fino al ’46) sotto la bandiera dell’antifascismo militante. Una militanza che, secondo il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti, tende oggi a mancare: «Come allora si era fascisti perché quasi tutti lo erano, oggi si tende a seguire il fiume della storia, ritenendo impossibile o superfluo opporvisi». Un’omologazione deleteria, che dimentica la lezione della Resistenza: «una lezione che parla della volontà estrema, del cambiamento, del bisogno di rettitudine morale, di senso della responsabilità, di recupero dei valori dell’umano». Secondo Dorigatti, l’unico argine a questa omologazione sono il voto e la partecipazione.
«Noi, eredi civili di coloro che conquistarono la Liberazione – ha rimarcato Chiara Ferrari, studentessa del liceo linguistico Sophie Scholl – la Liberazione vera dobbiamo ancora raggiungerla». È una liberazione mentale, da pregiudizi ed etichette, quella di cui ha parlato la giovane studentessa. Una liberazione per cui varrebbe la pena tornare partigiani: «Imbracciamo le armi del rispetto e della giustizia, dell’uguaglianza e della solidarietà – ha esortato –. Resistiamo di fronte al diffondersi della paura e del timore del cambiamento».
Partigiani, ma anche partigiane: è stata Mara Rossi, vicepresidente dell’Anpi trentina, a ricordare a tutti quel «lungo e ancora incompiuto cammino delle donne italiane». Un cammino sempre impervio e ancora incompleto, il cui ritardo «pesa non solo sulle donne, ma su tutta la società, perché finché le donne e tutte le minoranze non saranno libere di essere se stesse non potremo dire di vivere in una vera democrazia, e non potremo affermare di aver finalmente applicato la Costituzione nata dalla Resistenza e voluta dall’Assemblea votata il 2 giugno di settant’anni fa».