La meteora Gios ed il «bluff» di Daldoss
In archivio l’anno che ha visto il dissolvimento del centrosinistra autonomista. Che ora balbetta
TRENTO. Il 2018 va in archivio con il centrodestra al governo della Provincia per la prima volta nel dopoguerra. E con la dissoluzione del centrosinistra (autonomista). Da un lato dello schieramento c’è la Lega del governatore Fugatti (e poco più) e dall’altro si fa notare, se non altro per l’entusiasmo dei neofiti, Futura 2018. Il Pd si lecca le ferite dopo una stagione che lo ha visto «bruciare» due segretari, una presidente del partito e (pure) una coalizione. Il Patt traccheggia, annichilito per il divorzio col Pd e per la novità di una Svp che gli sorride assai meno di un tempo e che guarda a sua volta alla Lega.
Diciamolo: pochi, prima del brindisi dello scorso anno, avrebbero profetizzato nel 2018 un simile ribaltone in quello che era considerato il sancta sanctorum del centrosinistra. La batosta subita a marzo alle politiche dall’allora maggioranza in Provincia aveva reso chiaro a tutti che ci fosse un problema. Ma, a posteriori, la cura non si è rivelata azzeccata. Anzi, non è mai stata somministrata: la medicina, la parola magica, era infatti “lista civiche”. E per mesi si è vagheggiato (lo ha fatto soprattutto l’Upt che ha pagato più di tutti la scelta) di “partito dei sindaci”, di civismo. Gli alfieri del movimento erano (sono?) Francesco Valduga e Roberto Oss Emer, primi cittadini di Rovereto e Pergine. Man mano che le urne di ottobre si avvicinavano, tuttavia, i due sindaci contrapponevano alle suppliche dell’Upt, e agli sguardi incuriositi del Pd, un silenzio inquietante. Quello che è accaduto poi va ricordato solo a chi non si appassiona alla cronache politiche. Valduga e Oss Emer si sono defilati e hanno messo sotto la luce dei riflettori Carlo Daldoss (salvo poi spegnergli la luce sul più bello). Già, l’assessore esterno di Ugo Rossi gli dava il benservito, specificando di non essere mai stato amico del presidente solandro, e si proponeva leader dei civici alla testa di un esercito di sette liste. Daldoss è tornato ben presto a fare l’albergatore, senza i sindaci vip alle spalle e senza l’ombra di tutte le liste sperate. La cosa lasciava in braghe di tela l’Upt e, per altri versi, chiudeva una porta anche al Pd che aveva congedato Rossi senza crearsi un’alternativa per la presidenza. Dopo il voto i Dem hanno balbettato, Roma certo non gli ha dato una mano. Va segnalato nel bilancio annuale un altro nome tirato per la giacca in più occasioni e poi evaporato (nell’ambiente politico), quello del prof Geremia Gios. A destra oltre alla Lega non c’è moltissimo. Il governatore non si è fatto prendere la mano dall’entusiasmo ed ha evitato di mettere in campo una giunta monocolore come qualcuno chiedeva. Progetto Trentino e Civica hanno eletto due consiglieri su tre che non appartenevano ai rispettivi partiti. Per gli altri cespugli Fugatti sta usando il bilancino di incarichi e poltrone. Poi fa quello che aveva promesso.