La famiglia Filz musicisti, sportivi e viaggiatori

La «stirpe» parte dall’altopiano di Folgaria lavorando il feltro e arriva alla missione Onu nelle isole Comore


di Giorgio Dal Bosco


TRENTO. “Taca banda”, si può ben esordire così raccontando i Filz di Folgaria, un’autentica istituzione del complesso musicale del centro turistico. Certo, non è tutto qui il motivo della notorietà locale di questa famiglia: c’è altro di cui i Filz possono andare orgogliosi. Vediamone le origini.

Sembra che a cavallo del 1600 e 1700 i Filz lavorassero il feltro (Filz, in tedesco) e che si siano stabiliti nell’altipiano di Folgaria per poi spargersi in tutto il Trentino. I “Gottardei” (da Gottardo) ne sono un ramo e sono tra i protagonisti dietro le quinte della storia di Folgaria. Ti credo, tra di loro ci sono stati un direttore della cassa rurale, il postino, una maestra, un falegname e organista, il barbiere e nove elementi della banda musicale.

In pieno ‘800 Gottardo ebbe dalla moglie, una toscana, i figli Adele, Coronata (maestra elementare), Severino (direttore didattico) e Giuseppe (1870-1954), falegname, specialista delle “scandole” per tetti di chiese e campanili. Sicuramente era uomo integerrimo se è stato anche (il primo) direttore della locale cassa rurale. Giuseppe si sposa nel 1900 con Leopolda Buzzi, casalinga, che gli dà Benigna, Luigi, (barbiere), Attilio (professore di italiano alle Iti di Trento), Pierina e Giuseppina casalinghe, e Alessandro (1913-1985) il postino, (nonché organista della chiesa) che gira dal mattino fino al tardo pomeriggio tutti i giorni per quasi quarant’anni in tutte le numerose frazioncine dell’altipiano “sbarbandosi” a piedi quasi 30 chilometri quotidiani. Oltre a tagliare i capelli ai compaesani, Luigi (1902-1987) il cui nipote Davide figlio di Lorenzo, laureando, è sulle orme professionali della cugina Annelise, avvocato) con figli e nipoti li ha dilettati fino all’anno scorso con le marce della banda. Attilio, il professore, - siamo in epoca fascista – per ottenere la cattedra ha dovuto italianizzare il cognome con una “i” finale mentre per Alessandro non è stato necessario per via della perdita di un occhio a causa di un residuato bellico (due fratelli con cognome diverso, sic!). E siamo al 1940 quando Ida dà al marito Alessandro i figli Antonio (1940), Sergio (1943) (pensionato), e Miriam (1947), nubile. E’ Antonio quello che, dopo le magistrali, va a Trento a lavorare all’ospedale S.Chiara come tecnico di laboratorio. Fiore all’occhiello: unico trentino con 7 medici connazionali farà parte dell’equipe che su mandato dell’Onu organizza la sanità in un neonato stato (isole Comore) dell’Africa dove vivrà per due anni (1978-1979), uno dei quali con la moglie Emanuela (maestra) e le due figlie Annelise (1965) “matrimonialista” tra le più affermate in provincia ed ex presidente Commissione Pari Opportunità (una figlia), e Consuelo (1969, due figlie) professoressa di filosofia a Trento. Il “postino”, che a furia di recapitare la posta è come avesse compiuto alcuni giri del mondo, ha trasmesso le energie al figlio Antonio e ad Annalise che tra Vasaloppet e Marcialonghe hanno “pattinato” per migliaia di chilometri. Non solo, ma Antonio con la moglie detiene un probabile record tra i trentini: ha visitato oltre cento stati al mondo.

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