L’invalido in Corvette non era «falso»
Arnaldo Tamanini: «Sono sollevato, in questi 2 anni contro di me sono state dette tante falsità»
TRENTO. Sul banco degli imputati c’era finito con l’accusa di essere un «falso invalido», ma lui si è sempre definito un «falso sano». E dopo due anni di controlli e di udienze (difeso dall’avvocato Sabina Zullo), ieri il giudice Avolio lo ha assolto perché il fatto non costituisce reato. Lui è Arnaldo Tamanini, 73 anni di Pergine, con una vita ricca di emozioni e di successi anche in campo sportivo (anche con Umberto Dallavecchia) fino agli anni Novanta quando gli viene diagnosticata un’artrosi all’anca destra. E c’è la prima di sette operazioni. Le sofferenze si sommano a sofferenze ma è nel 2009 che arriva la tegola: l’inchiesta penale per truffa nata da una segnalazione all’Azienda Sanitaria.
Come ha vissuto questi due anni?
Sono stati difficili anche se le persone che mi sono vicine, quelle che mi conoscono non hanno mai dubitato di me. Ma l’assoluzione farà certamente cambiare idea a chi lo ha fatto, Io in coscienza sapevo di non aver fatto nulla di male, di non aver truffato nessuno. E c’è una cosa importante che voglio dire: non ho mai maturato risentimento nei confronti di chi mi ha perseguito.
In che senso?
È giusto che si facciano delle verifiche se giungono notizie come quelle contenute nella denuncia contro di me, ma le informazioni erano false e profondamente errate. Io sulla barca ci posso stare anche se sono disabile al 100 per 100. E posso anche guidare una Corvette o come faccio adesso una Smart perché i piedi li posso muovere. Ero stato anche accusato di guidare una moto ma in realtà si trattava di uno scooter elettrico pensato proprio per chi ha disabilità o difficoltà motorie. Oppure che in casa non c’ero mai. Lo credo e l’ho spiegato anche al giudice: ero in ospedale dopo sono rimasto ricoverato mesi a causa di un infezione conseguenza di un intervento chirurgico.
Forse è stato il suo girare con la Corvette gialla ad attirare tanta attenzioni?
Che ci vuole fare a me piacciono le cose belle e poi lo ripeto la guida di quel mezzo - che è pure automatico - non è incompatibile con la mia disabilità. A me piace socializzare e se vai in giro su quella macchina storia è più facile che qualcuno si fermi per fare due chiacchiere.
Quel è oggi il suo stato d’animo?
Sono decisamente sollevato perché l’assoluzione chiarisce che non ho finto nulla, che non ho truffato. E ricordo che alla fine l’accusa riguardava l’assegno di accompagnamento. A questo proposito vorrei sottolineare che avrei diritto a molti più aiuti economici, dall’assistenza domiciliare due ore al giorno, al contributo per il montascale, ai pasti all’uso dell’ambulanza per andare a fare le visite. Siamo nell’ordine di decine di migliaia di euro dei quali io non ho usufruito se non in minimissa parte. Ma a me piace così: fino a quando riuscirò a cavarmela da solo, lo farò.