L’industria e la crisi: il modello trentino sotto l’incubo Alcoa
Nuovi sistemi di produzione imposti dagli sbalzi del mercato Ecco come il calo dei fatturati ridisegna le relazioni sindacali
TRENTO. Quanto può reggere il sistema produttivo trentino di fronte ai morsi della crisi? “Tengono” ancora, sotto l’effetto combinato dello spread (globale) e del continuo calo (anche locale, come hanno indicato ieri i dati della Camera di commercio) dei fatturati? In altre parole: c’è il pericolo di dover assistere a un autunno caldo con gravi episodi di tensione? Paragoni con i casi Alcoa e Ilva per ora sembrano fuori luogo, spiega chi nella trincea della fabbrica si reca ogni giorno. Certo è però che il clima rischia effettivamente di deteriorarsi. E le cause sono di difficile controllo, proprio perché legate ad aspetti strutturali generati proprio dalla crisi.
Lo spiega con efficacia Mauro Zeni, operaio Luxottica e delegato Filctem (la federazione Cgil di chimica, tessile, energia e manifattura): nello stabilimento roveretano del colosso degli occhiali, afferma, ogni giorno che passa si sta affermando un nuovo sistema produttivo. «Se prima magari andavamo avanti per mesi con lo stesso modello, e quindi con tecniche e programmazioni stabili - spiega - ora ci troviamo invece a dover continuamente rincorrere le esigenze del mercato, che cambiano da un momento all’altro». Un esempio? Eccolo, freschissimo: appena un mese viene prospettato un andamento in calo della produzione di metallo, dopo di che, appena due settimane dopo, ecco che invece il mercato del metallo è improvvisamente ripartito. E quindi la rimodulazione, immediata, dei meccanismi di produzione, «con la dirigenza dell’impresa che deve trovare subito una soluzione e noi lavoratori costretti a condividerla in tempo zero». E la soluzione, va da sé, passa per spazi davvero esigui, visto che lo stabilimento roveretano di Luxottica (tra l’altro specializzato in lotti piccoli e di lusso, mentre la macroproduzione è da tempo stata delocalizzata in Cina), è di quelli a basso tasso di flessibilità, cioè con lavoratori tutti assunti a tempo indeterminato. La gestione dei cali di produzione è insomma meno facile che altrove e va messa in pratica ricorrendo a strumenti limitati, come l’allargamento del part-time e la concessione di ferie e aspettative. E ovviamente attraverso un percorso di formazione continua specifico per i capireparto. Il tutto, va detto, benché negli ultimi anni si sia passati da un quadro caratterizzato dallo scarso confronto tra azienda e sindacato a un maggior coinvolgimento delle maestranze, «perché - afferma Zeni - i vertici hanno compreso che gestire i problemi aziendali e condividerli con il sindacato può dare risultati maggiori». Il che, anche questo va detto, ha portato a importanti risultati per i lavoratori dell’intero gruppo Luxottica sul fronte del welfare, dal “pacco spesa” ai rimborsi per i libri scolastici dei figli. Ma la domanda rimane sul campo: quanto può “tenere”, questo equilibrio, di fronte alla crisi e agli sbalzi del mercato che impongono continue e immediate modifiche al sistema di produzione?
Un altro buon esempio delle tensioni imposte oggi agli operai arriva dalla Dana, sempre a Rovereto: circa 300 qui i lavoratori, impiegati secondo la filosofia Toyota (in sintesi più che estrema: “fare di più con meno”), mentre in passato si era arrivati a contarne anche 470. Sono una quarantina i precari, interinali o “somministrati” che dir si voglia. Ed è ovviamente su questi ultimi, spiega il delegato Fiom Marco Perzolli, che rischia di stringersi la tenaglia. Fortunatamente in fabbrica la parola solidarietà ha ancora un significato profondo: e così, per non lasciarli a casa nei periodi di bassa produzione, «ci sforziamo tutti, rimettendoci del nostro». Cioè con un massiccio smaltimento ferie a turnazione da parte degli operai a tempo indeterminato, appunto per consentire di restare in fabbrica anche ai precari a fronte dei ciclici ribassi dei volumi di lavoro richiesti. «Proprio per la settimana prossima abbiamo fissato assemblee per sensibilizzare tutti gli operai, anche a chi guarda per prima cosa al proprio orticello», conclude Perzolli. Un meccanismo possibile ora, nella seconda parte dell’anno, perché l’abbattimento ferie segue gli interessi dell’azienda. Ma anche qui il punto è lo stesso: per quanto tempo la solidarietà sarà più forte della cura del proprio orticello?
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