L’ex «007» adesso gestisce un centro per senzatetto
Giuseppe Palatucci ha fondato un ’associazione e aperto un punto d’accoglienza La struttura di via Maccani offre 26 posti letto con internet e assistenza sanitaria
TRENTO. È stato agente dei servizi segreti e, prima ancora, ufficiale dei carabinieri. Oggi gestisce una casa famiglia (unica nel suo genere) per senza tetto in via Maccani a Trento. Lui è Giuseppe Palatucci e nel maggio del 2014 fonda l'associazione “Amici dei senza tetto di Trento – Homeless Shelter” , associata a Trentino Solidale col progetto 153 e apre una casa famiglia. Nessun finanziamento pubblico, ma solo donazioni di privati per andare a coprire un bilancio annuale di circa trentamila euro. La sensazione che si ricava visitando la struttura di via Maccani 39 di 260 metri quadri in affitto a mille euro mensili, è quella di un dormitorio a 5 stelle. 26 posti letto, divisi in camere arredate con letti a castello con cambio ogni tre mesi. L'ospite deve solo stirare i propri capi d'abbigliamento perché sia alla fornitura che al lavaggio, ci pensano gli operatori dell'associazione che fornisce anche il materiale per la pulizia della persona. Cena comunitaria, poi internet gratuito per una mezz'ora quotidiana a testa per parlare con le famiglie d'appartenenza. Infermeria dotata del necessario per il pronto intervento e se un ospite si ammala, può restare all'interno della struttura per cinque giorni. Unico vincolo quello di non presentarsi ubriachi o sotto l'effetto delle droghe, entrare nella struttura dopo le 18 e lasciarla per le 8.
Signor Palatucci, ma chi glielo ha fatto fare? «L'amore per il prossimo è nel dna di famiglia. Mio zio Giovanni, è stato l'ultimo questore di Fiume italiana, morto a Dachau dopo aver salvato 5mila ebrei».
La sua struttura è del tutto anonima, nessuna insegna, un campanello che non funziona in una palazzina che è parte integrante della zona commerciale di via Maccani, ma come fanno a trovarla?
«Non cerco pubblicità, mi basta il passa parola. Siamo in una zona commerciale quindi la nostra attività si deve svolgere quando tutto è chiuso, senza arrecare disturbo o problemi».
Ma a parte la qualità della struttura, il soggiorno è di tre mesi, quando negli altri dormitori si arriva a venti giorni massimo, ma come fa?
«Come fanno gli altri. E' mai andato confrontare i loro bilanci col nostro? Lo faccia. Noi ci possiamo permettere tutto questo grazie alla generosità di tanti privati».
Da Roma a Trento, come ci è arrivato?
«Quando ero nei servizi alloggiavo in un appartamento di proprietà di Massimo Egidi l'ex rettore dell'Università di Trento che è mio cognato».
Come seleziona gli ospiti?
«Potendo restare per tre mesi è necessario che mi dimostrino che sono in Trentino almeno da un semestre, questo per evitare vacanze a sbafo. Poi si mettono in lista e man mano che si liberano i posti, li chiamiamo, tanto un cellulare lo hanno tutti».
Casa famiglia, perché?
«Prima di tutto ci sono le stesse regole che ci dovrebbero essere in una famiglia, ovvero ordine e disciplina. Poi facciamo tutto in comunità: la cena come le feste religiose: l'ortodosso festeggia col mussulmano e col cristiano, senza distinzioni. Alla sera si chiacchiera, si guarda la televisione, si parla con le famiglie in internet e poi tutti a dormire».
E se si tratta di uno straniero che non parla italiano?
«È il benvenuto. Sei ospiti hanno fatto il corso e sono diventati operatori, con la loro conoscenza delle lingue, tutti possono sentirsi a casa».
Ha pensato anche all'adozione a distanza.
«Certo, versando 15 euro mensili si partecipa all' iniziativa “Adotta una persona senza fissa dimora”».