L’acqua in più dello Spino non arriverà mai a Trento

Accantonato il progetto di unire i due acquedotti perché non conveniente Rovereto raggiungerà tutti i comuni della valle ma senza andare oltre Besenello


di Luca Marsilli


ROVERETO. Dopo una vera e propria lezione ricca di dettagli e particolari anche curiosi, il responsabile impianti Matteo Frisinghelli ha chiesto se c’erano domande. Gliene è arrivata una sola, ma subito: «E’ vero che Trento si prenderà la nostra acqua?» La risposta è no. «Era un progetto degli anni Novanta, quando si viaggiava verso la fusione tra Asm e Sit. Asm stava prolungando l’acquedotto di fondovalle fino a Besenello mentre Sit stava potenziando le prese d’acqua dell’Acquaviva. Sembrò logico ipotizzare un collegamento dei due acquedotti, visto che dalla nostra sorgente esce acqua di ottima qualità in misura nettamente superiore alle esigenze di Rovereto, diciamo pure tre volte quanta ce ne serve. Poi però il progetto è stato abbandonato: un collegamento in continuo non è conveniente. Quindi il collegamento tra i due acquedotti si è realizzato, ma solo pensando a eventuali emergenze. I soli pozzi di Acquaviva sono in grado di coprire per intero le esigenze roveretane. E noi possiamo supplire in caso di emergenze trentine. Ma qui ci si ferma».

Chiarito questo dubbio/timore (l’acqua che si beve a Trento, almeno in gran parte della città, non è nemmeno paragonabile a quella roveretana), la visita agli impianti si è svolta con più serenità. Ed i roveretani si sono beati della impagabile ricchezza della loro sorgente.

Lo Spino butta circa 600 litri al secondo in ogni momento dell’anno. Il doppio delle esigenze cittadine: il di più va nel Leno. Ma poco a valle della sorgente di Spino vera e propria (captata già nel 1845, dopo che prima quel torrente che usciva dalla roccia era sfruttato da un mulino) ce n’è un’altra capace di altri 250 litri al secondo. In più in stagioni di morbida si “sveglia” anche l’Orco: una sorgente che si trova più a monte e funziona un po’ da “troppo pieno” della falda dello Spino. Quando la falda si alza, un torrente sgorga dalla montagna: in questi giorni è in piena attività e butta più di 1000 litri al secondo. Insomma, in media Rovereto utilizza meno di un quinto dell’acqua di cui disporrebbe in teoria. Un patrimonio per il futuro: oggi non serve.

Ma se la sorgente è un dono della natura, l’acquedotto è frutto di lungimiranza e investimenti. E anche di questi, Rovereto può andare fiera. Il sistema di serbatoi (3) è tale da garantire autonomia a sorgente chiusa per circa un giorno e mezzo. Verso il centro storico parte la prima condotta, quella del 1845. Funziona ancora egregiamente e alimenta il serbatoio di via Acquedotto: 1000 metri cubi. Serve il nucleo storico della città. Nel fianco della montagna verso sud è stato invece scavato il serbatoio nuovo: un tunnel largo 2 metri e 70 centimetri e lungo 3,3 chilometri. In totale contiene 17.000 metri cubi d’acqua. Infine un terzo serbatoio è stato costruito in zona Solatrix, a fine acquedotto. Ha una capacità di circa 9000 metri cubi e raccoglie l’acqua non utilizzata durante la notte, portando a 26.000 metri cubi lo stoccaggio totale. E’ il fabbisogno medio di un giorno e mezzo della città. Una riserva che permette di programmare senza alcun affanno i lavori di manutenzione di opere di captazione e derivazioni varie.

L’acqua è monitorata in continuo e «sanificata» già alla fonte da un sistema automatizzato. Ricca di ioni e povera di residuo fisso, ha caratteristiche vicine a quelle di un’acqua oligominerale. (l.m)

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