Italcementi, la fabbrica dei disperati
Blitz dei carabinieri fra la sala del confezionamento e i luoghi del «buco»: tre fermati
Una città della città fra spacciatori e chi ha un lavoro ma non una casa dove andare
TRENTO. L’Italcementi, da quando è stata chiusa due anni fa, è una città nella città. È un rifugio o un nascondiglio a seconda di chi ci entra. Ci sono gli spacciatori con la loro sala per il confezionamento e i posti dove aspettare i clienti assieme a qualche prostituta occasionale. Ma ci sono anche i disperati, quelli che in Italia stanno cercando di ricominciare una nuova vita con permesso di soggiorno e lavoro ma che non reggono i nostri ritmi. E così la sera si ritrovano in una palazzina diroccata dove hanno cercato di costruire qualcosa che assomigli ad una casa.
Il cancello dell’entrata principale è chiuso ma la tettoia viene utilizzata come riparo. A dimostrarlo le decine di lattine e bottiglie di birra per terra. Chi ha fatto della fabbrica dismessa di Piedicastello la propria dimora per affari illegali o semplicemente per dormire al termine di una giornata di lavoro usa l’entrata secondaria quella della Motorizzazione. C’è un cumulo di ghiaia e una volta superato si è in questa sorta di terra di nessuno. Le forze dell’ordine la conoscono molto bene come i carabinieri che ieri abbiamo visto entrare e quindi abbiamo seguito. I controlli sono quasi quotidiani perché, è noto, qui si spaccia. Chi vende e acquista droga (eroina in particolare) ha scelto di «occupare» la struttura più grande con decine di vie d’accesso che si trasformano in vie di fuga in caso di bisogno. Al primo piano, verso la montagna, c’è una sorta di sala di confezionamento. L’ultima volta che i militari dell’Arma sono arrivati hanno trovato tre extracomunitari che preparavano le dosi. Più sopra ci sono le stanze dove si può trovare anche qualche prostituta. In basso, fra le piante di fico che hanno vinto la resistenza del cemento i pezzi di domopack per terra raccontano dei tanti drogati che qui si sono iniettati lo stupefacente. Nell’edificio i carabinieri trovano tre persone. Sono due uomini (poi denunciati) e una ragazza italiana.
Vengono portati in caserma dovranno chiarire la loro posizione. Vicino ai macchinari che sono rimasti e si stanno arrugginendo ci sono cumuli di sporcizia. Bottiglie di birre, pacchetti di sigarette ma anche vasetti di yogurt. Verso via Verruca altri due edifici. Anche qui i segni dell’abbandono e di chi qui ha vissuto qualche giorno: materassi sventrati e sedie capovolte. Un paranco di quelli che si vedono nelle industrie e nei film dell’orrore penzola su tutto questo.
Poi c’è l’altra faccia dell’Italcementi attuale ed è racchiusa nell’edificio che dà sulla tangenziale ed è a ridosso dell’ingresso principale. Qui ci stanno i regolari che hanno un lavoro ma che non riescono a trovare il denaro necessario per mettere insieme, oltre al pranzo e alla cena, anche un affitto per una dimora decente. Qui è tutto diverso. Ci sono tre stanze con sei materassi rialzati dal pavimento con mezzi di fortuna (anche un hard disk). I letti sono rifatti con cura e a fianco di ognuno ci sono delle ciabatte sistemate con precisione geometrica. Sui tavoli una candela per rischiarare la stanza qualche dolce o delle fette biscottate ma anche una crema al cocco per rinforzare i capelli. Sul terrazzo lo scheletro di un lettino è stato trasformato in uno stenditoio. Nelle stanze chiuse i segni di piccoli incendi causati, forse, dal disperato bisogno di cucinare qualcosa.