VIOLENZA

«Incinta e picchiata, ero sola». Il dramma di una vittima 

La protagonista più importante del convegno “Questo non è amore”


Maddalena Di Tolla


TRENTO. Maria (il nome è di fantasia) racconta dando le spalle al pubblico. La sua storia sembra un classico della violenza di genere contro le donne: innamoramento, illusione, cambiamento, violenza, stupore, disagio, denuncia, perdono, ricaduta. La sua è però, a differenza di tante che purtroppo proseguono per anni e finiscono con atti anche tragici, una storia che finisce bene, diciamo, perché Maria si è liberata dal suo persecutore familiare, e adesso è la madre libera della figlia di un rapporto viziato da una malapassione. Maria è stata la protagonista più importante del convegno “Questo non è amore” svoltosi all’Istituto Sacro Cuore, organizzato dalla Questura di Trento.

«All’inizio eravamo innamorati, andava tutto bene poi lui è diventato geloso e io accettavo» ha raccontato, con emozione ancora forte, anche se oramai le violenze sono passate «Poi non potevo più sopportare di essere offesa, picchiata, giudicata. Quando sono finita all’ospedale mi hanno chiesto se volevo sporgere denuncia, ero incinta e pensavo al futuro della mia bambina, però lui è tornato e mi ha promesso un sacco di cose, piangendo. Ho ritirato le carte, non volevo che finisse in carcere ma solo vivere la mia gravidanza in tranquillità. Il suo pentimento è durato solo tre settimane poi ha ricominciato a picchiarmi. Io ho potuto uscirne solo grazie alla polizia, altrimenti non avrei avuto appoggi, non avendo qui amici o la famiglia. Se sei solo rimani incastrato nella tua vita» ha spiegato.

Della necessità di fare rete fra forze dell’ordine, azienda sanitaria con i suoi psicologi e medici e associazioni di volontariato a favore delle vittime come del cambiamento dei maltrattatori e degli autori di violenze, hanno parlato tutti i relatori. Il procuratore capo della Repubblica, Sandro Raimondi, ha fatto riferimento alle sinergie rinnovate con la Provincia contro la violenza (il Patto sul Codice Rosso) e anche all’importanza degli spazi dedicati, che la Procura sta progettando, dove raccogliere testimonianze e denunce delle donne e dei minori loro figli. Ha poi sottolineato quanto sia importante avere professionisti di supporto quali ginecologi, neuropsichiatri infantili e psicologi, e personale di polizia formato nello specifico, «per evitare di fare le domande sbagliate alle vittime, compromettendo così i processi e l’accertamento della verità».

Tommaso Niglio, dirigente della Squadra Mobile di Trento, ha spiegato che viene utilizzata «la professionalità accumulata negli interrogatori dei minori in quelli alle vittime di violenza di genere. La normativa è avanzatissima ma la repressione è già una sconfitta per tutti». Il lavoro da fare è sul piano culturale, hanno detto tutti. Filomena Chilà del Commissariato del Governo ha ricordato il MARAC, il gruppo di lavoro dedicato a questo lavoro di rete: «Sono ancora troppe le donne che ritrattano e ritornano a casa» ha ammonito.

 













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