Incarichi, la denuncia degli architetti

L’atto d’accusa del presidente Winterle: «Qui si lavora solo per amicizia, non come in Alto Adige dove vince il merito»


di Luca Pianesi


TRENTO. «In Trentino gli incarichi pubblici di progettazione vengono affidati tramite conoscenze, amicizie o facendo riferimento ad architetti di fama. Dobbiamo, invece, iniziare a lavorare sui concorsi liberi per attivare, come in Europa, un’industria delle costruzioni virtuosa e più valida». A parlare è il presidente degli architetti trentini, Alberto Winterle, a commento del preoccupante dato diffuso dal suo Ordine: in provincia, dal 2002, sono stati indetti, dall’ente pubblico, solo 4 concorsi liberi di progettazione contro gli 82 promossi in Alto Adige. «Un concorso si può definire libero – spiega Winterle - quando è rivolto a tutti gli studi di architettura senza distinzioni. In Trentino, negli ultimi dieci anni, sono stati indetti solo 12 concorsi di progettazione, che prevedono un incarico per il vincitore, e di questi ben 8 avevano una preselezione dei partecipanti in base al curriculum e al fatturato vantato. Un sistema che taglia dal mercato tutti i giovani e gran parte degli studi che non sono già inseriti in un circuito di grandi guadagni e di “amicizia” con il committente». L’altro dato su cui riflettere è quello che riguarda il numero di opere pubbliche progettate, negli ultimi dieci anni, con concorso nella città di Trento: 1 e per di più promosso dalla Provincia. Nessuno dei progetti che, dal 2002, sono stati fatti in città dal Comune hanno visto una preselezione con concorso di progettazione. «A Trento si preferisce affidarsi ai grandi nomi – aggiunge il presidente dell’Ordine degli architetti trentini – ai Renzo Piano, ai Mario Botta, firme certamente prestigiose, ma che sono diventate famose vincendo, a loro volta, concorsi internazionali. Piano, per esempio, nel 1971 ha vinto quello di Parigi per il Centre Georges Pompidou, dopo aver battuto 680 concorrenti grazie solo alle sue capacità e al suo genio. Apriamo anche il nostro sistema alla creatività di tutti e avremo opere sempre all’avanguardia, più funzionali e moderne. Se un progettista sa che tanto pubblico e privato si rivolgeranno a lui a prescindere dalle sue idee avrà meno incentivi a rinnovarsi. La competizione attiva sempre meccanismi virtuosi».

In Italia e in Trentino un altro modo molto diffuso di aggiudicazione di un’opera pubblica è quello dell’appalto integrato: l’amministrazione fa un progetto preliminare e su questo si apre una gara. Vince l’impresa che s’impegna a realizzare quell’opera al costo più basso. La ditta poi si occuperà anche del progetto definitivo e di quello esecutivo. Secondo il Centro studi del Consiglio nazionale ingegneri nel 2010 il 61,5% degli importi per i servizi di ingegneria, in Italia, è stato assegnato con questo metodo. «Anche così il ruolo del progettista, dell’architetto, viene a cadere. Assume assoluta importanza, invece, l’elemento economico – prosegue Winterle – ma non sempre il lavoro meno costoso è quello fatto meglio. Anzi nell’edilizia è quasi sempre il contrario. Se costruisco con mattoni di sabbia sicuramente abbatto i costi, ma la casa cadrà alla prima sollecitazione. E poi anche la proposta al ribasso non sempre veramente più vantaggiosa». E infatti il meccanismo dell’appalto integrato è facilmente aggirabile poiché la ditta, una volta aggiudicatasi la realizzazione dell’opera può fare riserve e correzioni successive al progetto preliminare, oppure può essere la stessa amministrazione a chiedere modifiche in corso d’opera permettendo all’impresa di far lievitare il costo dei lavori. Un esempio? La prima parte di un maxi-auditorium al Parco della Musica di Firenze, un’opera da 89 milioni di euro, assegnata col ribasso a 69 e lievitata, ad ottobre 2011, dopo un anno e mezzo di lavori, a 157 milioni di euro (fonte Le inchieste di Repubblica, “Il paese delle incompiute”, Fabio Tonacci). «A Rovereto, per realizzare il polo della meccatronica, si sta utilizzando il sistema degli appalti integrati – conclude l’architetto Alberto Winterle - ma in un’area di oltre 20 ettari si dovrebbe prevedere almeno la progettazione di alcune opere con il concorso libero. Stimoliamo la creatività degli studi di architetti che sono sul territorio e apriamoci alle idee provenienti dall’estero. In Europa ormai si lavora solo così. L’Alto Adige, invece, rappresenta un unicum in Italia. Uniformiamoci ai migliori».

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