Il rettore: «Attacchi, solidarietà agli alpini»
Collini ha inaugurato la mostra a Sociologia sul ’68: «Non vuole essere celebrativa». Gli studenti e il rapporto con Trento
TRENTO. «Le contestazioni agli alpini sono state opera per lo più di soggetti esterni che non hanno nulla a che fare con l’Università. La mostra sul ’68 non vuole essere celebrativa né denigratoria, probabilmente questo non piacerà a qualcuno». Così il rettore dell’Università Paolo Collini ha aperto l’esposizione «Generazione ’68», ospitata alla facoltà di Sociologia ed allestita dal Museo Storico. Nella mostra trovano spazio sia i richiami al movimento statunitense per i diritti civili, alla contestazione alla guerra in Vietnam, alla rivoluzione sessuale, sia la dimensione locale, con il racconto del rapporto problematico che si instaurò tra la cittadinanza e il movimento studentesco. Michele Toss, tra i curatori della mostra, racconta: «Su un muro dell’Università californiana di Berkeley, culla del movimento per i diritti civili, è stata trovata una scritta che diceva in inglese: “Lunga vita all’Università di Trento”. Al contempo, la parte tradizionalista della società trentina si scontrò anche violentemente con i “sessantottini”, come accadde dopo la “controquaresimale” che interruppe la messa in Duomo, a cui seguì un assalto alla facoltà».
Collini: «La mostra non celebra il ’68». Il rettore Collini ha commentato le contestazioni all’Adunata degli Alpini che hanno avuto come epicentro la facoltà di Sociologia: «Negli ultimi giorni elementi per lo più esterni all’Università hanno utilizzato Sociologia per contestare l’Adunata. Questo avviene perché Sociologia fu teatro di alcuni momenti di grande trasformazione, ma la mostra non vuole essere celebrativa. Sono passati cinquant'anni, troppo pochi per una memoria condivisa, ma questa mostra cerca di ricostruire quelle vicende attraverso le testimonianze di chi le ha vissute. Questo non piacerà a qualcuno, ma siamo aperti alle critiche, che vanno distinte dagli insulti».
La «controcultura». Sara Zanatta, tra i curatori dell’esposizione, presenta il «pianterreno» della mostra: «Descrive il ’68 della “controcultura” giovanile: canzoni, brani tratti dalla letteratura, riviste. Vogliamo mostrare come la trasformazione culturale abbia coinvolto non solo i militanti, ma tutta una generazione che sentiva di essere parte di un cambiamento». A testimoniare l’impatto che Trento ha avuto sul movimento studentesco internazionale c’è un motto scritto su un muro dell’Università californiana di Berkeley: «Long life to the University of Trento». Al primo piano sono proposti gli striscioni, i murales che ricordano i temi del ’68 internazionale: la lotta per i diritti civili, la Primavera di Praga, la contestazione della guerra in Vietnam, il femminismo.
Il rapporto problematico con Trento. Racconta ancora Toss: «Il piano interrato è dedicato al movimento studentesco in Trentino. Con la fondazione di Sociologia nel 1962, Trento si apre a centinaia di giovani, mettendo a contatto la città con un grande fermento. Il rapporto non fu sempre semplice: famoso è l'episodio del “contro-quaresimale” con cui l’attivista Paolo Sorbi interruppe l’omelia della Quaresima in Duomo, con un discorso in cui contestava la mentalità chiusa dei trentini. I cittadini più tradizionalisti non tollerarono quel comportamento e una folla prese d’assalto l'università per far terminare l'occupazione; fu necessario l’intervento della polizia». Un pannello è dedicato all'esperimento dell’«università critica», durante il quale gli studenti potevano seguire materie innovative e sperimentare esami dalla modalità più «democratica». La mostra presenta anche i «limiti» dell’esperienza sessantottina a Trento, attraverso i commenti di chi vi partecipò: se ne descrivono il «leaderismo» ed un certo maschilismo, per cui le donne erano «o oggetti sessuali o vivandiere».