Il dizionario dialettale è pronto
Diecimila parole in 700 pagine: catalogate da Eliseo Fava e Maria Torbol
RIVA. È finalmente giunto alla conclusione il dizionario dialettale del Basso Sarca. Entro Natale uscirà il grosso volume - si tratta di 700 pagine per 10mila parole - edito dalla Grafica 5 e scritto a due mani da Eliseo Fava e Maria Torbol, varonesi doc, anima della Casa dei Dialetti, che è divenuta una specie di fucina di progetti per la salvezza delle tradizioni e della parlata d'un tempo. Il lessico altogardesano - questo era in effetti il titolo originario dell'opera, ma poi s'è è preferito un lapidario «A me digo» - è stato pazientemente raccolto in questi anni con lo scopo di metterlo "in rete", vale a dire pubblicarlo in Internet in modo che chiunque vi possa accedere con suggerimenti, proposte, integrazioni. «Il fatto è - spiega Eliseo Fava - che la ricerca sul dialetto non ha mai fine! Quindi nessuna presunzione da parte nostra di voler dare il dialetto completo dell'Alto Garda, semmai il nostro umile sforzo vuol essere un incentivo alla conoscenza della nostra parlata...» Con Eliseo Fava affrontiamo subito una questione cruciale: perché un lessico del dialetto altogardesano come se fosse unico, mentre ben si sanno le differenze tra Riva e Arco, ma anche tra Torbole e Varone, oppure tra centro e periferia? «Siamo ben consapevoli delle differenze - ci spiega - tuttavia una parlata comune esiste nel nostro territorio. Da qui anche il nostro sforzo di mediare tra le varie redazioni di una parola, per dare una sintesi abbastanza convincente. Anche se la perfezione e la completezza richiederebbero ancora diversi anni di lavoro». Obiettivo centrato, comunque, aldilà dell'accoglienza dei lettori e degli estimatori del dialetto. Al proposito, il progetto di Fava e Torbol era stato ufficialmente presentato lo scorso anno al convegno di Judicaria sui "Dizionari dialettali oggi, perché?" Il tutto nasceva dalla ricerca di Adriana Benini e Elena Cimonetti, che avevano raccolto per la scuola 200 parole dialettali: e si completava con lo studio dei tre teorici del dialetto Giambattista Azzolini nell'Ottocento, Vittore Ricci nel primo Novecento, Lionello Groff nel 1955. «Il lavoro teorico - dice al riguardo Fava - è sempre messo in confronto con i nostri due poeti 'classici', Giacomo Floriani e Luciano Baroni, che ci hanno fornito in contesti diversi la piattaforma del dialetto altogardesano». E il titolo «A me digo»? «Si tratta della famosa frase di Arrigo Muzzio, un commerciante del centro rivano, un intercalare tutto suo ma significativo. Arrigo era una figura importante della Riva del primo Novecento, spesso al "pont dei strachi" ben prima dei giovani che l'hanno occupato negli anni Settanta - ricorda Eliseo Fava - Ai suoi tempi, al ponte della Rocca conveniva un bel gruppo di giovani "buontemponi", e allora gli scherzi si sprecavano. Ma erano sempre scherzi buoni e costruttivi».