Grisenti, il partito dei 2 mila

Tanti i membri dell’associazione, che oggi entra in politica. Il leader: non andrei col Pd


di Paolo Morando


TRENTO. Una resa dei conti di piccolo cabotaggio, che muove più da ragionamenti legati a posizioni personali piuttosto che dall’ottica dell’interesse comune. È drastico, il giudizio di Paolo Pombeni sulla kermesse di Progetto Trentino di oggi all’Interporto. Ma attenzione, avverte il direttore dell’Istituto storico italo-germanico della Fondazione Bruno Kessler: questo non significa che alla nascita del nuovo partito di Silvano Grisenti il centrosinistra autonomista debba stare ad assistere con sufficienza. Serve invece una scossa: a partire dalla definizione, subito, di un candidato presidente dell’intera coalizione, scelto cioè unitariamente dalle tre forze che compongono l’alleanza (Pd, Patt e Upt). «Un nome fuori dai giochi - afferma - e di alto profilo nazionale, se non addirittura internazionale».

Professor Pombeni, partiamo dal quadro nazionale: in cui pure va letta la nascita del nuovo partito. Che tra l’altro Grisenti sembra voler accreditare di un “nuovismo” stile Movimento 5 Stelle.

Paradossalmente, il dato uscito dalle urne è chiaro. L’elettorato italiano, compreso quello trentino, è sostanzialmente diviso non più in due bensì in tre blocchi. Il primo è composto da chi ha votato Grillo: dove dentro c’è di tutto, da chi ha voluto lanciare uno sberleffo alla classe politica a chi ritiene possibile un cambiamento globale, fino a chi sogna di opporsi al grande complotto universale. Poi c’è chi crede che la soluzione alla crisi possa venire solo dallo Stato, dal potere pubblico: chi insomma ha votato il Pd e Monti. Infine, gli elettori di Pdl e Lega: per i quali l’intervento pubblico è sempre e comunque fonte di disastri. Ed è la vecchia diffidenza del “piove, governo ladro”. Ma sono tre risposte diverse allo stesso problema: la paura del futuro.

Che cosa ritiene accadrà ora? Si troverà una maggioranza o si tornerà a votare?

Sul breve periodo può darsi che si possa trovare qualche soluzione di ripiego, come un governo tecnico con il compito di cambiare la legge elettorale. Il che, nell’immediato, non so a chi convenga davvero. Senza contare che gli stessi eletti non vorranno subito tornarsene a casa...

E sul medio periodo?

Qui il problema è più complicato. Dipende da come Bersani giocherà le proprie carte. Se andrà male, come è possibile, nel giro di pochi mesi si tornerà alle urne. Ma potrebbe sortirne anche un governo stabile per un anno o due. Da consolidare comunque con un successivo passaggio elettorale.

In Trentino la vittoria del centrosinistra è stata netta. Eppure la coalizione sembra un po’ smarrita di fronte alla sfida lanciata ora da Grisenti.

La situazione è preoccupante. Il successo elettorale si basa su un compromesso locale impossibile da replicare a livello nazionale. E neppure in chiave elezioni provinciali. Se prima c’era da spartirsi la torta un pezzettino a testa, i tre collegi senatoriali, ora in palio c’è una sola cosa: la presidenza della Provincia. Non divisibile.

E tra i pretendenti c’è anche il Movimento 5 Stelle.

Sì, anche qui il loro successo è innegabile. E tra due mesi si vota a Pergine, dove sono il primo partito. Se il centrosinistra si presenta unito può farcela, ma di questi tempi...

Anche perché Progetto Trentino di Grisenti punta a “pescare” un sacco di voti tra gli elettori di Upt e Patt.

Il rischio c’è. Anche per questo mi sembra una prova di singolare cecità non aver ancora individuato un candidato governatore, di alto profilo. Diciamola tutta: fuori dal Trentino l’antipatia verso l’autonomia è amplissima. E se si pensava che Dellai a Roma avesse potuto fare da “tutore”, ora si tratta di una prospettiva improbabile. Ecco perché servirebbe una figura di grande prestigio nazionale. Anzi, internazionale. Perché la politica ormai si fa a Bruxelles, non solo a Roma.

Dunque saltando le primarie di coalizione?

Le primarie servono, ma non come si sono fatte finora, come una sfida all’O.K. Corral. I gruppi dirigenti della coalizione devono invece promuovere una candidatura forte, da legittimare successivamente appunto con le primarie.

Pensa già a dei nomi?

No. Si deve muovere la società civile, facendosi sentire con i partiti: serve una nuova classe dirigente, una chiamata alle armi di trentenni e quarantenni validi finora rimasti fuori dalla politica. Ma si deve scompaginare. Con un nome in grado di attirare voti a 360 gradi. Anche nell’elettorato di centrodestra, senza pensare che da quella parte ci siano solo imbecilli. La forza di un candidato presidente sta proprio nella sua capacità di andare al di là dei partiti. Anche Ambrosoli, pur sconfitto in Lombardia, ha ottenuto più voti dei partiti che lo sostenevano.

E per recuperare parte dell’elettorato ora “grillino”.

Certamente. Non ci sono solo “pasdaran” della protesta, molti hanno votato 5 Stelle perché delusi dagli altri partiti. Vanno recuperati: non nel senso di far cambiare loro idea, ma spiegando che per veder realizzato ciò che desiderano quella è la strada sbagliata.

Come vede Grisenti in questo quadro?

La sua mi sembra niente di più di una piccola resa dei conti all’interno di una classe dirigente che ha già dato tutto quello che poteva dare. E non sarà quella che porterà il Trentino fuori dalla bufera. Grisenti avrà dalla sua un certo consenso, ma si tratta di piccoli pacchetti di voti. Che non basteranno per condizionare gli altri partiti. Al massimo, serviranno per risolvere situazioni personali, il desiderio di uno scranno. Non mi sembra una proposta credibile. Un Grisenti in grado di contrapporsi ai poteri di Roma e Bruxelles? Ne dubito fortemente.

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