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Gli impiantisti «Imu ingiusta, i conti non tornano»

Ghezzi: «Non saremo più in grado di fare investimenti». La categoria spera in un intervento del legislatore nazionale



TRENTO. «Le possibilità sono due: o paghiamo l’Imu o facciamo investimenti sull’innevamento artificiale, perché questo è lo scenario che si presenta per le stazioni invernali dopo la sentenza che ha condannato in Cassazione gli impiantisti di Arabba a pagare l’Imu sulle funivie». La notizia l’abbiamo data sul Trentino di ieri e quella di Valeria Ghezzi, presidente delle funivie Tognola di San Martino e rappresentante nazionale della categoria è probabilmente una provocazione perché gli investimenti sull’innevamento artificiale sono indispensabili per ogni stazione sciistica che vuole stare sul mercato: «La realtà è che l’unico intervento che può salvare il nostro settore è quello del legislatore, per evitare agli impianti di risalita questa tassa che (considerando anche gli arretrati) non è sostenibile per la maggior parte delle società che gestiscono gli impianti di risalita». Valeria Ghezzi entra anche nel merito: «E’ curioso che veniamo considerati un servizio di trasporto pubblico per quanto riguarda l’Irap (un’interpretazione a nostro svantaggio) mentre sull’Imu veniamo considerati “trasporto ludico”, ancora una volta a nostro svantaggio. Insomma, cornuti e mazziati». E ancora: «Nessuno mette in discussione il pagamento della tassa sugli immobili ma nel caso degli impianti la situazione è diversa: si tratta di concessioni, a fine vita vengono smantellati e l’area va ripristinata».

Quanto vale questa sentenza? Per la sola cabinovia della Tognola l’Imu significa 50 mila euro all’anno. Considerato che si tratta di una vicenda che si trascina ormai da 5 anni (e nel caso di San Martino è ancora in attesa di giudizio) è chiaro che si tratta di cifre molto impegnative, che in molti casi rischiano di non trovare spazio nei risicati bilanci di molte società, che in molti casi hanno già visto l’ingresso della Provincia.

Anche le Funivie di Madonna di Campiglio hanno presentato ricorso contro il pagamento dell’Imu (che nel loro caso vale alcune centinaia di migliaia di euro all’anno) e hanno vinto il primo grado di giudizio. Ma il direttore Francesco Bosco (che è anche rappresentante trentino di categoria) non si fa troppe illusioni: «L’orientamento della Cassazione è stato chiaro. Una sentenza che riteniamo ingiusta perché non si tratta di beni immobili. Per quanto riguarda le nostre Funivie siamo in grado di farci fronte, non siamo certo qui a minacciare la chiusura degli impianti, ma molte altre società, già in sofferenza, rischiano di finire in ginocchio».

In linea teorica c’è la possibilità che sia la Provincia a togliere le castagne dal fuoco, ma nessuno fra gli impiantisti se lo aspetta vista la scarsità di risorse e visto l’impegno che già caratterizza l’ente pubblico in questo settore. L’obiettivo principale degli impiantisti è quello di ottenere un intervento legislativo nazionale per evitare il pagamento dell’Imu.

Secondo Fulvio Rigotti - delle Funivie Monte Bondone - il settore meriterebbe una legge ad hoc, visto che sono pochi gli impianti che lavorano con redditività, ma sono comunque al servizio della comunità nel generare un indotto che va al di là della semplice pratica dello sci. Grande preoccupazione anche sulle Dolomiti Bellunesi dove Renzo Minella (passo San Pellegrino) ha parlato di una situazione critica per molte società.(a.s.)













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