Giustizia «lumaca» e burocrazia: ecco la beffa di San Donà

Vinta una battaglia legale contro un privato per l’uso del centro civico. Ma ora non ci sono i soldi per ristrutturarlo


di Chiara Bert


TRENTO. A San Donà avevano un centro sociale bellissimo, tra i primissimi in Trentino. Tirato su insieme al «Villaggio satellite» alla fine degli anni ’50, quasi 300 alloggi popolari dell’Ina Casa. Un gioiello affacciato sulla piazza, il luogo dove incontrarsi e fare comunità, con il teatro, le sale pubbliche, l’assistente sociale, e poi via via nel tempo la biblioteca, gli ambulatori medici, il vigile e il comitato di quartiere.

Peccato che dal 2008 sia chiuso, sigillato dal Comune per problemi di sicurezza dopo che il terreno negli anni era ceduto e nei muri erano comparse profonde crepe . Non era possibile ristrutturarlo perché il Comune non era proprietario dell’edificio. Uno dei residenti delle case popolari da anni ha ingaggiato una battaglia legale opponendosi alla cessione della propria particella del centro sociale all’amministrazione. Ieri il Consiglio di Stato ha definitivamente respinto il ricorso: la proprietà è del Comune, che ora potrebbe dare il via ai lavori. Ma la beffa, per San Donà, è che i soldi messi a bilancio per due legislature per ricostruire l’edificio, oggi non ci sono più e difficilmente saranno recuperati a breve nelle pieghe di un bilancio sempre più magro di Palazzo Thun.

Così ieri a San Donà si respirava aria di festa. Ma di una festa amara. Questo paesone di 1800 abitanti, quanti ne ha l’intera valle di Cavedine, primo ad avere un centro sociale, oggi si ritrova ad essere quasi l’unico in Trentino a non averlo. Colpa della battaglia giudiziaria (e solitaria) di un residente che ha bloccato l’utilizzo del centro sociale senza che l’ente pubblico potesse metterci mano.

Una storia moderna di un bene pubblico di cui la comunità ha prima beneficiato per poi vederselo scippare. Giampaolo Dicaro, presidente della circoscrizione dal 1980 al 1995, ricorda che un protocollo con l’Ina Casa stabiliva che gli spazi comuni del villaggio - strade, piazza, spazi verdi, centro sociale - sarebbero stati ceduti al Comune. Cosa che non si è verificata nonostante l’amministrazione comunale, per quasi cinquant’anni, avesse sempre provveduto con i soldi della collettività alla manutenzione, alle spese e alla messa a norma dell’edificio. Quando il Comune decide di appellarsi alla legge sugli espropri e fare suo l’immobile, due degli assegnatari degli alloggi si oppongono: non ne vogliono sapere di cedere le loro particelle all’ente pubblico e reclamano il diritto alla loro parte di proprietà, che poi significa spazio per un parcheggio privato. Uno dei residenti va fino al Tar e solo ieri, dopo anni, il Consiglio di Stato ha pronunciato l’ultima parola a favore del Comune. Potrebbe essere l’happy end per San Donà, pronta a riappropiarsi del suo centro sociale una volta rimesso a nuovo dal Comune. Ma nella realtà le cose sono più complicate. Allargano le braccia Diego Pedrotti, presidente del Comitato di quartiere, e Dario Trentini, dirigente del circolo anziani, che ieri con l’assessore Renato Tomasi (che a San Donà vive)ci hanno mostrato il gioiello inaccessibile. «Per due legislature abbiamo avuto i 2 milioni a bilancio per il recupero dell’edificio -spiegano - poi sono stati tolti perché la demolizione e ricostruzione era bloccata dalla battaglia in tribunale». E e ora rimetterceli, ammettono, «sarà un’impresa». Il centro sociale mostra i suoi spazi vuoti che raccontano cos’è stato per decenni questo luogo: ci sono i vecchi scaffali per i libri, la sala teatro, c’è il camerino che ospitò Shel Shapiro quando venne ospite della Festa del villaggio. E quel che resta degli ambulatori medici, dal 2008 trasferiti in un ex ufficio al di là della strada, pochi metri quadrati con la gente costretta ad attendere in coda all’esterno. Il circolo anziani (340 soci) è in affitto in 56 metri quadrati dell’ex oratorio, il comitato di quartiere in un garage della Cassa Rurale. Un paradosso quando a poca distanza ci sarebbe uno spazio enorme, centrale, in grado di ospitare tutti e ancora ne resterebbe. Una beffa, per gli abitanti di San Donà.

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