Gioele Dix: «Shakespeare, un sogno comico»

In arrivo a Trento il "Sogno di una notte di mezza estate"


Emanuela Rossini


TRENTO. E' in arrivo a Trento, con la regia di Gioele Dix, una delle commedie di Shakespeare tra le più poetiche e giocose, piena di equivoci e colpi di scena, ricca di magia, passione, mistero e comicità. E' il "Sogno di una notte di mezza estate", in cui due coppie di giovani innamorati fuggono nel bosco perché ostacolate dai genitori, incontrano una compagnia di attori un po' incapaci e poi un mondo di fate ed elfi... Per la prima volta in Italia la commedia viene interpretata da un gruppo di attori comici di successo.

Parliamo di Alessandro Betti (a fianco di Ale e Franz in "Buona la prima" e "Sketch show"), Corrado Nuzzo e Maria Di Biase (il duo famoso in Bulldozer Rai 2, Gialappa's e ora Zelig in prima serata), Katia Follesa (del duo di Katia e Valeria), Maurizio Lastrico (il comico genovese che interpreta i suoi monologhi "in terzine dantesche"), Marco Silvestri (del duo Pali e Dispari) e Marta Zoboli (del trio comico I Sagapò).

Lo spettacolo, prodotto dalla società Bananas e Teatro Stabile di Verona, sarà in scena da giovedì a domenica all'Auditorium di Trento. Ne abbiamo parlato con Gioele Dix.

Una scelta registica quella di avere un cast di soli comici. Da dove nasce?
Dal mio amore per la comicità. Ho scelto di formare una compagnia di comici con la sfida di un grande classico, perché sono convinto che i comici siano degli attori molto duttili, portino leggerezza, profondità e i dolori della vita a gradi diversi. E' noto che i comici abbiano una sensibilità interiore. Le cose poi si sono mosse da sole: la società di produzione Bananas (che produce Zelig), il Teatro Stabile di Verona, il Festival shakespeariano di Verona che ci ha dato l'apertura fidandosi dell'idea.

Che ruoli interpretano i comici di Zelig?
Nel testo di Shakespeare c'è effettivamente una compagnia di comici, di cui si ride perché incapaci. Io ho messo al centro questa compagnia di comici e a loro ho affidato tutti i personaggi. Per Puk, il folletto, ho fatto un azzardo: ho scelto un duo singolare di voce e musica, Petra Magoni e Ferruccio Spinelli: lei mischia il canto con la voce, mentre lui copre tutta la colonna sonora usando solo il contrabbasso.

Un'attualizzazione del linguaggio shakespeariano?

Sul testo abbiamo lavorato in linea con Shakespeare io e Nicola Fano. E' un testo che conosco bene perché ho interpretato diverse volte. Abbiamo usato la lingua di Shakespeare, resa solo più essenziale. Il Sogno è una meravigliosa macchina teatrale, un intrico di piani narrativi, dove trovi magia, mistero, passione e comicità. La scelta è stata quella di sfruttare di più le parti comiche e questo ha lasciato uscire il talento dei comici. Ma, a pensarci bene, abbiamo fatto ciò che faceva Shakespeare con i suoi attori: lui amava i comici e amava gli attori italiani.

Improvvisazione?

Sì, un'improvvisazione un po' guidata. Il copione c'era, ma a volte l'apporto degli attori è stato sorprendente. Il Teseo di Corrado Nuzzo è diventato esilarante e Tisbe travestito da donna è un personaggio comico inimmaginabile sulla carta. Shakespeare voleva questo, secondo me.

Dov'è ambientata la storia?
In una periferia metropolitana, dove c'è un locale notturno che si chiama "Dream" (Sogno) gestito dal Re delle Fate.

Come viene "giocato" l'amore?
L'amore ne esce esaltato senza retorica. Il Sogno è un gioco amoroso umano, vero, l'amore è fugace come una luce che quando passa è una scintilla, un'apparizione, colpisce a caso, crea confusione, scambi, instabilità, riduce le cose a pezzi ovunque. Non diamo consolazione per l'amore, anche se alla fine Shakespeare ha voluto un happy end. Ma Elena, quando Demetrio finalmente la ama, gli dice: "Ecco sei mio eppur non sei mio". Rimane l'incerta perplessità.

Che cosa ci ha guadagnato la comicità da questo Shakespeare?
Sono convinto che il comico abbia un problema: liberarsi dal personaggio, dall'idea geniale. Charlie Chaplin smise di fare Charlot. Avere delle prospettive diverse per un comico è importante. Questi comici sono felici di fare questo spettacolo. I comici sono sempre un po' competitivi, invece qui lo spirito del gruppo è fantastico. Ognuno ha la sua gloria (ho dato due parti ciascuno). Come regista comico, poi, ero più io di loro a spingere. Non c'è però l'ossessione della risata a tutti i costi. Ci sono delle scene bellissime per semplicità, verità, con veri silenzi.

Come ha scoperto la sua vocazione comica?
C'è un istinto che viene fuori presto. Un modo di raccontare le cose. Scopri di avere un tipo di sguardo diverso, intercetti ciò che fa ridere. La comicità nasce dall'errore, da qualcosa che va storto. C'è del dolore, anche della cattiveria. Avere sempre quello sguardo, per il comico significa non avere tanta voglia di ridere fuori scena.













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