Finanze, è braccio di ferro con Roma
La giunta impugna alcune norme del bilancio statale: nel mirino fondo sanitario, fondo pluriennale, sanzioni e premi
TRENTO. Venti giorni fa la giunta provinciale impugnava il decreto dell’allora governo Renzi sul rientro dei capitali all’estero: in gioco, per il Trentino, un «tesoretto» stimato in 18 milioni di euro. Ma il braccio di ferro Trento-Roma prosegue. Venerdì scorso la giunta Rossi ha deciso di ricorrere alla Corte Costituzionale su una serie di norme contenute nell’ultimo bilancio di previsione dello Stato che toccano la finanza pubblica e potrebbero tradursi in nuove richieste finanziarie alla Provincia. Norme che, secondo Piazza Dante, violano le competenze statutarie.
Spesa sanitaria. Il primo fronte riguarda il fondo sanitario nazionale, da cui Trento e Bolzano sono escluse in quanto finanziano di tasca loro il proprio servizio sanitario. Ma lo Stato ha previsto che, in caso di mancati accordi bilaterali tra il governo e le Regioni a statuto speciale, la copertura di spesa venga assicurata da un maggiore contributo a carico delle Regioni ordinarie. Per la giunta un’ulteriore richiesta a carico della Provincia, in questo caso per concorrere a finanziare la sanità, sarebbe «una violazione dei principi di autonomia finanziaria» e una «modifica unilaterale» del Patto di Roma del 2014 che ha definito come Trento e Bolzano partecipano al risanamento dei conti pubblici.
Fondo pluriennale. Un secondo punto critico sollevato dalla Provincia è relativo alla norma con cui dal 2020 (a regime) il governo consente alla Provincia di includere il fondo pluriennale vincolato (ai fini del pareggio di bilancio) ma solo a condizione che sia finanziato dalle entrate finali. Il fondo serve per reimputare su bilanci successivi spese già impegnate. Il meccanismo contabile previsto dallo Stato - evidenzia la giunta - precluderebbe la possibilità di realizzare investimenti per cui sono già stati accantonati i fondi.
Sanzioni e premi. La finanziaria nazionale introduce anche sanzioni per gli enti territoriali (Regioni e Comuni) che non conseguono il pareggio di bilancio, prevedendo - nel caso delle Province autonome - una riduzione dei trasferimenti correnti pari allo scostamento registrato. Inoltre, nei tre anni successivi, la Provincia sarà tenuta a versare allo Stato un importo pari a un terzo dello scostamento.
Una previsione che non è affatto piaciuta alla Provincia. La giunta obietta che per quanto riguarda i Comuni, la competenza esclusiva in materia di finanza locale è della Provincia. Mentre nel caso delle Province, l’obbligo di versare allo Stato in relazione al proprio saldo negativo, «si pone in contrasto con l’autonomia finanziaria sancita dallo Statuto».
La giunta ricorda poi che la legge di bilancio statale ha introdotto anche dei premi, a partire dal 2018, per le Regioni che rispettano il saldo tra entrate e spese. Ma il problema - si fa notare nella delibera - nasce dal fatto che il fondo alimentato dalle sanzioni esclude dal riparto le Province autonome, in virtù di una disciplina ad hoc concordata con il patto di garanzia del 2014. Ma secondo la Provincia l’esclusione a Regime dalle misure premiali non si giustifica: «La normativa statale includerebbe le Province autonome nel sistema delle sanzioni, escludendole dal sistema dei premi». Insomma due pesi e due misure.
Di qui la decisione di procedere con l’impugnativa. La giunta ha affidato l’incarico agli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi e impegnato 21.940 euro per le parcelle.
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