Fezzi: «Anche la Federazione dovrà tagliare»
Il presidente: «Pronto ai contratti di solidarietà» «A giugno il riassetto, poi spazio agli altri»
TRENTO. Presidente della Cooperazione trentina durante l’anno più difficile, Mauro Fezzi considera quasi concluso il suo compito di traghettatore verso un futuro che fra sei mesi conta di lasciare al suo successore.
Presidente Fezzi, lei è alla guida della Federazione della Cooperazione da un anno e un mese, forse il periodo più difficile per il movimento trentino. Ne era consapevole tredici mesi fa?
Sì, era evidente già prima che mi mettessi a disposizione. Fin dall’inizio avevo in mente un impegno a termine, cioè il completamento del mandato iniziato da Giorgio Fracalossi, che scade a giugno 2018.
Le difficoltà sono state legate solo alla crisi?
La crisi è stata un problema esterno, ma abbiamo avuto anche una serie di contrapposizioni interne tra chi vedeva la necessità di regole nuove e chi era orientato alla conservazione della nostra tradizione. Io mi sono messo a disposizione per portare avanti un rinnovamento a partire dallo statuto, dove abbiamo cercato di favorire il ricambio dei vertici (con il limite dei mandati) ma abbiamo anche posto limiti agli incarichi e alle indennità, secondo principi di trasparenza che devono caratterizzare il movimento cooperativo come il settore pubblico.
È quindi d’accordo con chi accosta la Cooperazione all’amministrazione pubblica?
Noi non siamo il settore pubblico, ma siamo vicini allo spirito del pubblico per quanto riguarda le regole e la trasparenza, prima di tutto nei confronti dei soci. C’è un’altra cosa che ci accomuna al pubblico e anche agli enti che si occupano della gestione dei beni collettivi: amministriamo beni che non sono nostri e dobbiamo tendere al bene comune. Se una cooperativa non funziona, bisogna avere il coraggio di cambiare gli amministratori ma non si butta per aria la cooperativa.
Il cambio degli amministratori è stato chiesto proprio nei giorni scorsi dalla Filcams Cgil nei confronti del presidente del Sait, Renato Dalpalù.
Non credo sia lui il responsabile dei problemi attuali delSait. Bisogna essere realisti e capire che certi problemi attuali sono frutto di scelte datate.
Nella vicenda Sait sono stati tirati in ballo da più parti valori della Cooperazione. Sono ancora attuali?
La risposta ai bisogni è il fondamento del movimento cooperativo, vale anche per il mondo del credito e per il mondo del consumo. Alla fine siamo nati da una necessità: dare un’alternativa allo strozzinaggio.
Ma ci sono ancora questi bisogni?
Se guardiamo il credito e il consumo è difficile riconoscere un bisogno, visto che ci sono tanti soggetti in concorrenza: per chi opera in questi campi è tutto molto più complicato rispetto a un tempo. Sia per la competizione, sia perché bisogna trovare un modo perché il nostro modello di servizio sul territorio possa stare in piedi. Per restare sulla vicenda Sait sono state necessarie scelte difficili, ma se i conti non sono in ordine non c’è nessuna possibilità di raggiungere i nostri obiettivi di mutualità. C’è questa idea (sbagliata) che la dimensione sociale di una cooperativa possa prevalere sui conti, ma le nostre coop sono imprese e bisogna che si sostengano: o con il mercato, o con l’intervento dei settori pubblici o privati.
Le nostre comunità, a partire dai cittadini, fanno la loro parte?
Su questo ci vuole la massima chiarezza all’interno della società trentina. Io credo che la cooperazione possa ancora esercitare un ruolo, anche sul fronte del credito: si tratta di capire e soddisfare i bisogni delle nostre comunità come non è possibile fare da un ufficio di Milano. Se invece ci mettiamo sullo stesso piano delle grandi banche non possiamo competere. Si tratta anche di creare ricadute locali, in collaborazione con le nostre comunità, con progetti che se vengono valutati solo dal “business plan” non partono nemmeno.
Considera concluso il suo compito di traghettatore?
Mi ero dato la scadenza del mio predecessore Fracalossi, cioè il giugno 2018. E la considero ancora valida. Nella vita ho ricevuto tanto: sono il primo di sette fratelli, nato a Termenago, in valle di Sole, a 1.150 metri di quota, figlio di un operaio delle gallerie idroelettriche. Ho potuto studiare e fare carriera nell’amministrazione: ho ricevuto molto e con questa esperienza ho cercato di restituire.
Non pare ci sia la corsa per prendere il suo posto...
Sinceramente non ho la percezione di questo, ma credo che il momento sia obiettivamente complicato rispetto al passato, a partire dalla sfida del credito.
In che senso?
Le Rurali sono il nostro principale contribuente, ma ora i servizi al credito cooperativo saranno svolti dal gruppo di riferimento. Cambiano gli scenari.
La Federazione dovrà subire una cura dimagrante?
Ci auguriamo che parte del nostro personale confluisca nel gruppo, anche in misura rilevante: una trentina di persone. Ma abbiamo anche l’ambizione di mantenere un piede nel sistema del credito: la rete del mondo cooperativo serve anche alle banche, penso all’agricoltura ma anche al lavoro e al sociale. È un passaggio che può avere grandi opportunità per la cooperazione, ma comporta sicuramente grandi rischi. Chi prenderà il mio posto non si occuperà di celebrazioni o tagli dei nastri, non è di questo che la Cooperazione ora ha bisogno.
Della riorganizzazione della Federazione si farà carico lei?
Farò quello che posso, puntando a completare l’opera entro luglio. Il cda ha appena approvato le linee guida e con l’ingaggio del nuovo direttore Alessandro Ceschi possiamo contare su una figura con l’esperienza giusta che garantirà la continuità e il futuro: i presidenti passano, i direttori restano.
I numeri quali sono?
Dopo una quindicina di uscite abbiamo 160 dipendenti, che diventeranno 130 con la cessione di alcune figure al mondo del credito. Ma sono comunque molte persone, considerando anche che il contratto del credito (il nostro) è decisamente oneroso per i dipendenti assunti prima del 2002. Spero davvero di non arrivare a una situazione come quella del Sait. In quell’eventualità tenteremo la via dei contratti di solidarietà, cosa che nel caso del Sait probabilmente era complicata.
Si tratta solo del personale?
Stiamo lavorando anche a una revisione delle nostre partecipazioni: la Federazione è socia e azionista di tante realtà, ma saranno mantenute solo quelle davvero strategiche.
Un nome per la sua successione?
Se c’è, io non lo so.