Ferro: «Un patto con i medici: nuovo contratto con più flessibilità»
Il direttore dell'Azienda sanitaria: "Va superata l'idea del posto fisso. Si deve legare la retribuzione a una parte relativa alla mobilità e sulle possibilità di part-time". I gettonisti? "Ci coprono le falle"
TRENTO. Antonio Ferro indossa la mascherina e si prepara a rispondere. Non appare né turbato né sereno. Dice di essere positivo, ma qualche ombra traspare. Il direttore generale dell’Azienda sanitaria, classe 1962, presidente della Società Italiana di Igiene, sembra che abbia negli occhi e nelle orecchie il vento della rivolta dei medici ospedalieri, oltre che degli infermieri e degli oss. Capisce perfettamente che il clima non è dei migliori. Ma intanto si dipinge come un inguaribile ottimista. Salvo sfogarsi un po’ in chiusura.
Il clima è pesante dottor Ferro: mercoledì i medici hanno ipotizzato persino lo sciopero. Siete riusciti - lei e l’assessorato - a unire tutte le sigle sindacali nella protesta: non ci era mai riuscito nessuno...
In realtà è un momento particolarmente difficile in tutta Italia. Mi confronto ogni giorno con i direttori generali di altre regioni e registro situazioni peggiori della nostra.
Sulla carenza di medici?
Sulla mancanza di figure specifiche e sulle dimissioni dei professionisti.
Da noi andrebbe meglio?
Qui c’è un tasso di dimissioni dell’1,8%, mentre nel resto d’Italia è del 2,8. E i nostri numeri sono buoni.
Aspetti, il clima è surriscaldato fra i medici perché state tamponando male...
Ci manca una quota di personale fisso che stiamo sostituendo con i gettonisti.
Ma i gettonisti non rientrano nei turni come i dipendenti dell’azienda.
Sì, ci sono delle differenze che pesano sull’organizzazione, perché i gettonisti non hanno continuità clinica, però si coprono le falle.
Però i sindacati dei medici sono durissimi. Dicono che non se ne può più. Per il carico di lavoro ma anche per un contratto non adeguato economicamente.
Sul rinnovo del contratto sono fiducioso: i sindacati li ho incontrati spesso e sono certo che si arriverà presto a un accordo.
Ma dicono che prendono meno che nel resto d’Italia...
No, non mi risulta che gli stipendi siano inferiori al resto d’Italia e d’altra parte non abbiamo alcun interesse ad acuire lo scontro con medici e sindacati. E poi stiamo lavorando molto sul benessere organizzativo...
Ma come? Mercoledì si lamentavano per carichi di lavoro divenuti insostenibili.
Sui turni i problemi non sono legati a questioni di numeri...
Però, nello specifico che numeri abbiamo?
Abbiamo un numero superiore rispetto al 2019: abbiamo 150 persone in più sia nell’area infermieristica che nell’area medica. Di più anche rispetto al periodo pre-Covid.
Scusi, ma rispetto alle esigenze? Ci sono comunque dei settori in difficoltà, no?
Ma ci sono anche settori con numeri superiori...
D’accordo. Ma quelli in cui ce ne sono di meno?
Beh, radiologia, certamente, e anestesia. In determinati momenti ci sono stati dei problemi in chirurgia e in ginecologia, poi sono rientrati. Ma la vera difficoltà - che riguarda l’organizzazione - è venuta dalla malattia, nel 2021, con picchi altissimi. C’erano 30-40 dipendenti al giorno che si ammalavano di Covid. Ciò ha determinato un’importante riduzione di capacità lavorativa istantanea e un grave problema di stanchezza prolungata del personale. Abbiamo avuto, grazie al decreto, l’opportunità di assumere specializzandi e pensionati rafforzando il personale per l’emergenza Covid, ma il decreto scade il 31 dicembre e stiamo lavorando per avere una proroga.
E come pensate di fronteggiare questa situazione?
L’organizzazione è elemento fondamentale in ambito ospedaliero, per andare oltre il sistema classico hub e spoke (ospedale centrale e presidio ospedaliero territoriale) dobbiamo valorizzare alcune specialità a livello periferico.
Intanto lei però pensa alla mobilità, e sforna ordini di servizio (rispetto ai quali c’è malumore fra i medici)
Guardi, la vera novità è la mobilità dei professionisti. Però a meno che non ci siano emergenze io non posso fare ordini di servizio. Quindi posso giustificarli nei termini di una o due settimane. Anche se le dirò che un sistema di turnazione renderebbe il sistema molto efficiente e insieme attrattivo. Se io avessi - putacaso - 70 anestesisti e potessi richiedere a chi comunque è di sede a Trento e lì rimane, di farmi 2 turni al mese a Cavalese, con una rotazione generale, lei capisce che sarebbe possibile gestire meglio sia Trento che Cavalese, sarebbe possibile offrire a tutti stabilità e insieme capacità di cooperare a un sistema efficiente. Ma ora non posso farlo: ogni medico è assegnato a una sede e il concetto di emergenza è delicato.
Lei quindi punta sulla flessibilità dei medici.
Sì, deve essere superato il concetto di posto fisso andando verso la flessibilità.
Ma questo obiettivo si raggiunge con il contratto.
Certamente: si deve legare la parte economica a una parte relativa alla mobilità e sulle possibilità di part-time. E poi andrebbe fissato il principio che si sceglie ogni anno se fare l’intramoenia o l’extramoenia e non ogni cinque anni.
L’emergenza Covid sul piano del lavoro è superata?
No, non ancora. È tutto molto più semplice, però ogni reparto gestisce i propri pazienti Covid in parte isolata dentro il proprio reparto, senza bloccare l’attività. Poi ora ci sono un sacco di malattie infettive che si diffondono perché non si usa più la mascherina.
Perché non viene nominato il primario di medicina interna al Santa Chiara e c’è un facente funzioni da anni ormai? C’è di mezzo l’Università?
Guardi, intanto abbiamo nominato più primari noi in un anno e mezzo di quanti ne siano stati fatti nei cinque anni precedenti. Alcuni primariati servono per costruire l’Azienda ospedaliera universitaria integrata perché saranno trasformati in cattedre universitarie. Non è più un primariato sotto il controllo dell’Azienda ma dell’Università.
Sarà un prof ordinario?
Sì. E anche quello di anestesia. Conto che vengano nominati entro i primi mesi del 2023.
Altro tempo da attendere?
Guardi, io premo, ogni mese, ma l’assegnazione delle cattedre è cosa molto più complessa delle nostre procedure.
Il primario avrà anche parte assistenziale, non solo didattica?
Sì, certamente. Abbiamo scelto alcuni reparti centrali, anche neurochirurgia, per renderci più attrattivi.
Avete creato numerose figure apicali infermieristiche. Perché?
Io mi aspetto molto: il fatto che ci sia un coordinamento nel territorio da parte delle figure infermieristiche è straordinario.
Lei quindi si sente ingiustamente attaccato...
Certo che mi sento ingiustamente attaccato. Perché ho grande disponibilità al dialogo.
Pensa che la situazione si sblocchi?
Io dico solo che i dati riportati talora dalla stampa non sono corretti, spesso ci sono articoli generici senza numeri precisi.
Sicuro? Guardi che mercoledì c’era un numero enorme di medici in assemblea, tutti rivoltosi...
Sui numeri insisto: dicono che qui c’è una percentuale di dimissioni superiore a quella europea, ma non dicono che però è nettamente inferiore rispetto al resto d’Italia, l’1,8% contro il 2,8%. Poi, ad esempio, dicono che stiamo privatizzando e invece noi non abbiamo attivato alcuna cooperativa per la gestione dei Pronto Soccorso, mentre in Veneto ne hanno privatizzati più di venti.
Usate liberi professionisti per coprire i turni...
Ma cos’altro possiamo fare se nel frattempo attiviamo i concorsi necessari e poi vanno deserti?
Quindi lei punta sul contratto per trovare l’intesa sulla mobilità.
Non mi piace che ci sia chi dice “non vogliamo essere medici con le valigie”. Io vorrei lavorassimo sulla medicina di prossimità. Credo che invece di avere un sistema in cui tutti i cittadini devono scendere a Trento, siano i medici a salire e offrire un servizio. Se non vogliamo spopolare le valli, servono servizi, ovviamente di qualità e in piena sicurezza.
È quello che le è stato chiesto?
Sì, non ho come primo obiettivo l’economicità della sanità, ma la medicina di prossimità.
Si sente nel mirino?
Guardi, la cosa che mi tira su - altrimenti me ne sarei già andato - è che quando vado in giro per il Trentino la gente mi ringrazia.
Beh, buon giro del Trentino.
Buon lavoro a lei.