Federazione cori, spaccatura evitata per un soffio 

Dopo un’assemblea tesa, respinte le dimissioni di cinque consiglieri. L’appello: «Ora torniamo a parlarci»


di Paolo Piffer


TRENTO. Colpo di scena ieri pomeriggio alla Cantina di Lavis durante l’assemblea della Federazione Cori del Trentino chiamata a sostituire il 5 consiglieri del direttivo dimissionari con i primi dei non eletti alle votazioni del 2016. Dopo tre ore di discussione accesa, a volta aspra, i 97 presidenti di coro presenti e i 27 che avevano ricevuto la delega da altrettanti di loro (complessivamente la Federazione rappresenta 209 formazioni e 6000 “cantori”) hanno respinto le dimissioni con 74 voti contro 40 (5 le astensioni, un paio non si sono espressi).

Va peraltro detto che, a conti fatti, mancavano i rappresentanti di più di un’ottantina di cori e che la sala era comunque stracolma per la presenza di tanti e tanti coristi. I consiglieri dimissionari si sono detti disponibili ad un dialogo, perlomeno a verificare le condizioni se ciò sia possibile. E’ prevalsa la necessità di un ricompattamento, dopo il recente scossone anche se le parole “crisi” e “malumore” sono echeggiate in più di un intervento. Si è quindi evitata la spaccatura, non si è oltrepassata la linea di non ritorno e si è aperto un tavolo di confronto sul futuro della coralità trentina che soffre di ricambio generazionale ma anche di una profonda incomprensione tra l’anima popolare, quella rappresentata dai cori di montagna e quella che i dimissionari definiscono “accademica”, polifonica, più legata ad altre culture musicali. Favorita, quest’ultima, secondo i consiglieri “rientrati”, dall’attuale presidenza di Paolo Bergamo (deciso comunque ad andare avanti), attraverso il lavoro del Comitato tecnico artistico, definito dei “professori”.

Al di là degli “attriti personali”, lo scontro si è fatto anche “politico”. Tantoché, e non è forse un caso, sono state le componenti più “politiche” dell’assemblea a cercare e trovare la quadratura del cerchio. Andrea Zanotti, presidente della Sosat, ma in passato dell’Itc, Lucia Maestri, consigliere provinciale Pd, presidente della commissione cultura e da un mese e mezzo presidente del Bella Ciao, Gianpaolo Daicampi, ex vicesindaco di Rovereto, direttore del Minicoro e Caterina Dominici, ex consigliere provinciale e attuale presidente del Coro alpino 7 larici di Coredo.

A più riprese hanno invitato a “non votare le surroghe, perché sarebbe una forzatura”, “ a fermarsi per approfondire”, pena “la frattura quando invece c’è bisogno di unità”. Dal canto loro, il presidente Bergamo e la vice Luisa Canalia avevano sostenuto la bontà del lavoro svolto dal direttivo, “a tutela di tutta la coralità” rivendicando i rapporti con il mondo della scuola, l’università e l’Iprase, “preziose occasioni di crescita, un valore aggiunto”. Dei primi sei non eletti, di cui cinque avrebbero dovuto surrogare i dimissionari, un paio hanno dichiarato la propria indisponibilità. Tra gli intervenuti nel pomeriggio, Giancarlo Comar, del Comitato tecnico artistico, ha detto: “Non ci deve essere contrapposizione tra cori della montagna e polifonici. Il problema è il ricambio generazionale se no non si sopravvive. E’ necessario intercettare il mondo della scuola”. Adriano Dalpez, direttore del Sasso Rosso della val di Sole, ha commentato: “I cori della montagna sono ormai minoritari di numero e peso. Ci si fermi a riflettere. Non sarà l’università a risolvere i problemi”.















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