«Fare opposizione costa molta fatica, ma io sono pronto»
de Eccher: «Mosna, Bezzi e Grisenti non sono la rottura con il sistema Dellai, alla fine faranno accordi con Rossi»
TRENTO. Profondamente deluso dall’esperienza romana in parlamento, l’ex senatore del Pdl Cristano de Eccher è di nuovo in pista in queste elezioni, in corsa solitaria come candidato presidente di Fratelli d’Italia, per provare a tornare in quel consiglio provinciale dov’è stato consigliere di opposizione dal 2003 al 2008.
de Eccher, cinque anni fa il centrodestra si presentava unito a sfidare Dellai. Oggi è spaccato in tre, Forza Trentino, Lega e Fratelli d’Italia. Non è un fallimento?
Io ritengo di aver svolto fino in fondo il mio compito. L’obiettivo del centrodestra era di proporre un’alternativa al centrosinistra ma sono venute meno le premesse. Perché se si vuol essere alternativa ad un modello, di certo non si può presentarsi con chi è cresciuto alla corte di Dellai. E i nomi erano francamente improponibili: Grisenti è stato suo assessore e braccio destro per anni, Mosna ha fatto campagna elettorale per Dellai alle politiche, Bezzi è stato presidente del consiglio e parlamentare con il centrosinistra. Questa opposizione non sarà mai tale e troverà forme di convergenza con lo schieramento avverso.
Non sarà soprattutto responsabilità dell’opposizione se in 15 anni non è riuscita a proporre un’alternativa credibile?
È difficile perché il potere pervasivo della Provincia è fortissimo. L’elenco delle cose che non funzionano, sperimentato nei miei 5 anni di consiglio, sarebbe lunghissimo.
Da cosa cominciamo?
Le consulenze, per esempio. Ho visto curriculum che recitavano “diploma di liceo scientifico, conoscenza di base word”. Posso immaginare che il criterio di assegnazione dell’incarico non sia il merito? Ho visto un geometra condannato per frode in forniture sospeso per 4 giorni dall’amministrazione e dopo qualche mese promosso con un concorso interno. Un dirigente condannato per abuso d’ufficio e a distanza di poco tempo promosso a dirigente generale. Siamo a questi livelli. Vogliamo parlare del sistema della Cooperazione? Non c’era settimana che non ci fosse una delibera con contributi per studi, convegni, un fiume di denaro. E una rete di cooperative che producono poco o nulla, per il recupero di detenuti in tre anni la Provincia ha stanziato 2,5 milioni di euro a 8-9 coop, oltre 2 milioni per pagare gli educatori per il recupero di minori stranieri con problemi.
Il recupero dei minori o dei detenuti non le sembrano obiettivi importanti?
Il problema non è l’obiettivo, la mia non è una posizione pregiudiziale contro i detenuti, anche se trovo inaccettabile che nelle graduatorie Itea chi esce di prigione abbia un punteggio superiore al cittadino normale. È un po’ lo stesso problema del reddito di garanzia. A me sembra che ci sono i diritti di tutti e quelli della gente normale. Oggi il problema vero è tra chi ha voglia di lavorare e chi invece in mille modi vive sulle spalle di chi sta lavorando. E poi tutte queste cooperative servono a creare posti di lavoro fittizi, stipendi garantiti e quindi clientele.
Lei punta sempre il dito anche su com’è gestita la solidarietà internazionale...
Ho visto finanziamenti all’associazione Filo rosso, a Italia-Cuba, 300 mila euro per l’Unione donne del Vietnam che è una struttura del partito comunista, un progetto per i detenuti in Mozambico. Direi che ci sono altre priorità. Per non parlare dei progetti fallimentari della Trentini nel mondo in Sudamerica, da me documentati quando ero consigliere. Ora ho visto che si è mossa la Corte dei Conti, un’istituzione che fortunatamente - lo dico per esperienza - funziona bene.
Perché i trentini dovrebbero rimandarla in consiglio provinciale?
Chiedo di essere valutato per come ho lavorato nei 5 anni da consigliere. Fare opposizione è faticoso, io l’ho fatto, archiviando dati, informando il territorio, presentando interrogazioni ed esposti quando necessario. Nessuno può contestarmi di non aver fatto il mio dovere, o di essermi arricchito con la politica. Quando ero consigliere, 5.500 euro della mia indennità andavano ad Alleanza Nazionale. Circa 50 mila euro all’anno li ho sempre versati per l’attività politica, tra locale e nazionale.
La sua esperienza in parlamento si è chiusa dopo una sola legislatura e piuttosto bruscamente. Perché?
Ho scelto io di chiuderla. Su mille parlamentari io sono stato di gran luna il più presente. Ma il clima che ho conosciuto a Roma era questo: un’aula dove spesso mancava il numero legale, riunioni deserte di primo mattino. Io entravo in Senato alle 7.30 e uscivo alle 23, ma c’erano gli usceri che premevano che me ne andassi. L’ho detto all’allora presidente Schifani: «Anche lei è responsabile di questo stato di cose».
Oggi il centrodestra sembra tornato al pre-Pdl. Fratelli d’Italia è la rinascita di Alleanza Nazionale?
Il nostro progetto è ricostruire una forza di destra con i suoi valori. Se guardiamo al risultato delle elezioni in Austria e al Front National che in Francia è dato come primo partito, lo spazio per la destra c’è.
Dopo tanti anni di politica, se non sarà eletto cosa farà?
Mi sono candidato non per ambizione, ma perché mi è stato chiesto. I miei traguardi li ho già raggiunti. Sono in pensione e me ne starò serenamente in famiglia.
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