Expo, Trento spende il doppio di Bolzano
Ecco i bilanci delle due Province: 1,9 milioni contro 1 milione dell’Alto Adige. Per restare a Milano la metà del tempo
TRENTO. Di qua la riproduzione delle Dolomiti, di là una struttura in legno. Di qua i depliant, di là lo strudel. Di qua il deserto, di là invece c’è la coda. Abbiamo scritto, nei giorni scorsi, della diversità (anche di gradimento del pubblico) fra gli stand del Trentino e dell’Alto Adige all’Expo 2015, ma ora diamo la parola ai numeri: la Provincia autonoma di Trento ha investito nell’evento quasi il doppio rispetto a Bolzano (1,9 milioni di euro di fronte a 1 milione di euro) per avere tre mesi di esposizione (e una settimana da protagonista) rispetto ai sei mesi di Expo scelti dall’Alto Adige. Questo al netto degli investimenti degli sponsor privati che sono previsti nei budget a Trento come a Bolzano. E con una beffa: la vendita al pubblico di alimenti e bevande altoatesini (in quella che l’assessore Michele Dallapiccola ieri mattina ha definito “un’osteria”) oltre ad aver conquistato il pubblico di Expo 2015 rappresenta anche una voce importante di entrata per gli organizzatori altoatesini (preventivati 180 mila euro). La differenza tra gli investimenti delle due province autonome resta consistente anche considerati 448 mila euro che il Trentino ha speso per gli eventi organizzati tra Muse e Palazzo delle Albere.
Difficile trovare qualcuno che si assuma la responsabilità di quanto accaduto a Milano nel nutrito gruppo di lavoro istituito dalla Provincia autonoma di Trento. In tanti al telefono hanno chiesto cortesemente di restare fuori dal dibattito. Più facile (ovviamente) farsi spiegare le scelte dell’Alto Adige da Manfred Schweigkofler, cioè l’uomo di spettacolo a cui la Provincia di Bolzano ha affidato la regia del proprio progetto Expo, considerata soprattutto l’esperienza del manager all’esposizione di Hannover: «Noi abbiamo rinunciato alla settimana supplementare da protagonisti (che invece ha scelto Trento, ndr) perché ci sembrava inutile. E abbiamo puntato su messaggi semplici e simpatici perché l’Expo - dove la gente corre - non è il luogo più adatto per comunicare messaggi complicati».
Messaggi semplici, come il legno della struttura (su cui si può salire e farsi un “selfie” all’Expo dall’alto) e lo strudel per cui i visitatori si mettono in coda. E dire che la “carta gastronomica” (cioè il segreto del loro successo) non era poi così scontata: «Mi hanno detto che sono stato “più terrone dei terroni” - scherza Schweigkofler - ma quando tutti erano scettici, io ero sicuro che sarebbero stati di manica larga di fronte alla possibilità di servire i nostri prodotti gastronomici. E così è andata. Anche perché è stato subito evidente - soprattutto nei giorni iniziali - che abbiamo portato un po’ di vita nella nostra zona, sempre disponibili comunque ad approfondire i nostri contenuti con i visitatori interessati».
Ai trentini che sono finiti nel mirino (in Trentino) per l’organizzazione del proprio spazio espositivo, il manager altoatesino ricorda - con una certa solidarietà - che in Alto Adige hanno comunque contestato alcune scelte dell’esposizione sudtirolese. Ma è facile concedere ai rivali l’onore delle armi quando il pubblico (questo è successo) ti decreta vincitore. Con i trentini (ieri l’ex consigliere provinciale Roberto Bombarda) a replicare sostenendo che è troppo facile prendere la gente per la gola. E gli altoatesini a stupirsi sinceramente perché al nostro stand non c’è la gastronomia. Come il direttore dell’azienda speciale della camera di commercio Hansjörg Prast ieri al telefono con questo giornale: «Pensavamo che l’avreste fatto anche voi...».
©RIPRODUZIONE RISERVATA