Esposto di Dorigatti la polizia identifica 30 manifestanti

Il presidente del Consiglio ha presentato una relazione su quanto avvenuto. Il Procuratore deciderà se procedere



TRENTO. L’assalto all’aula del Consiglio provinciale avrà conseguenze giudiziarie. Il presidente Bruno Dorigatti ieri mattina ha presentato alla polizia un esposto in cui ha ricostruito i fatti. Il presidente tiene a sottolineare che non si tratta di una denuncia vera e propria, ma di una lettera in cui si spiega cosa è successo. Tecnicamente, però, equivale a un esposto in cui si segnala un fatto che si ritiene penalmente rilevante per il quale si chiede l’intervento dell’autorità giudiziaria. La Digos ha già provveduto a identificare una trentina di persone che hanno partecipato all’assalto al Consiglio provinciale. Si tratta soprattutto di attivisti del Centro Sociale Bruno, di componenti dei sindacati di base e di altri comitati di cittadini. Persone già note per aver partecipato ad altre manifestazioni di protesta. Più difficile, però, inquadrare il reato che avrebbero commesso. La Digos stenderà una relazione per il procuratore della Repubblica Giuseppe Amato che ancora non si sbilancia: «Attendo di leggere la relazione della Digos prima di decidere se sussiste un reato. Dobbiamo prima capire cosa è effettivamente avvenuto e poi verificarne gli effetti. Solo dopo potrò dire se c’è un reato e, in questo caso, che reato è».

La relazione della Digos dovrebbe essere depositata in Procura già questa mattina. Ovviamente, sarà allegato anche l’esposto di Dorigatti che si è limitato a ripercorrere quanto avvenuto l’altra mattina.

In attesa che il Procuratore prenda le sue decisioni, si possono ipotizzare tre diversi reati, molto diversi tra di loro, anche dal punto di vista della gravità. Il primo è quello previsto dall’articolo 289 del codice penale, ovvero attentato agli organi costituzionali dello Stato e alle assemblee regionali. In questo caso, la norma prevede che «è punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali l'esercizio delle loro funzioni». In questo caso, il reato consisterebbe nel fatto che per 4 minuti i manifestanti hanno impedito al Consiglio provinciale di procedere con i lavori. Un altro reato ipotizzabile è quello di interruzione di pubblico servizio, ma in questo caso si dovrebbe allargare il concetto di pubblico servizio e applicarlo al lavoro del Consiglio provinciale. Infine, potrebbe essere ipotizzato il reato di manifestazione non autorizzata. In questo caso, si tratterebbe di un reato minore punito con una contravvenzione. Sarà comunque la Procura a decidere se la condotta dei manifestanti ha violato la legge oppure se si è trattato di una legittima manifestazione del pensiero.

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