trento

Entro il 10 maggio le demolizioni delle case espropriate per il bypass

Sarà il primo vero impatto della città con il cantiere della circonvallazione. Poi quattro anni di lavori


Luca Marsilli


TRENTO. «Dire che non ci saranno disagi sarebbe irrealistico: quello che possiamo dire è che stiamo lavorando da mesi per prevedere ogni possibile problema è risolverlo prima che si presenti. Che nella realizzazione del bypass lavoreranno tecnici e operai al più altro grado di specializzazione al mondo. E che faremo tutto il possibile per ridurre quei disagi al minimo, anche in un confronto costante con la popolazione». È toccato al coordinatore dei lavori Corrado Bianchi chiarire con onestà quello che sulla carta è ovvio ma si tende poi a dimenticare: un’opera della portata della circonvallazione ferroviaria di Trento, 1.243 giorni di lavori per realizzare 13 chilometri di tracciato, 10,6 dei quali in galleria a doppia canna, passando sotto una città, non può non avere un impatto sulla vita di tutti.

In termini di problemi alla viabilità (non tanto per l’aumento del 2% del traffico determinato dai mezzi di cantiere, ma per la necessità di spostare temporaneamente due tratti di statale, a sud e nord del centro, con inevitabili restingimenti di carreggiate e rallentamenti conseguenti) e in termini di rumori, di emissioni, di vibrazioni. Se nei modesti tratti di lavoro “a cielo aperto”, gli imbocchi delle gallerie a Mattarello e alla Malvasia, sarà escluso il lavoro notturno, quando si passerà allo scavo le frese opereranno per 24 ore al giorno (lavoro organizzato su 4 turni) e sette giorni su sette. E questo significa che continuo sarà anche il via vai di mezzi di cantiere, camion e nastri trasportatori per le rocce di risulta, mezzi del personale.

Al cantiere attenderanno più di 1050 lavoratori, un centinaio tenici e gli altri operai. È un’opera ciclopica, per di più da completare in tempi che a Rovereto non sono stati sufficienti per realizzare nemmeno 100 metri di sottopassaggio alla statale e ai binari, in piazzale Orsi. Quindi sì, su Trento l’impatto sarà significativo. Lo sforzo sarà ridurlo al minimo inevitabile e avvertire per tempo, in modo da rendere il meno possibile conflittuale la convivenza con i cittadini e la città.

La presentazione ufficiale ieri del progetto da parte degli ingegneri (sono in 200 a lavorarci) e delle ditte, il consorzio Tridentum, che lo realizzeranno è stata occasione per lanciare un messaggio ai cittadini: è un intervento complesso oltreché enorme. Servirà la collaborazione di tutti per completarlo il prima possibile. I disagi finiranno solo allora.

La tempistica è stata tracciata nel dettaglio. Di fatto, i lavori sono già iniziati con gli approfondimenti tecnici e geologici. Il primo atto “vistoso” sarà a brevissimo la demolizione delle abitazioni e edifici commerciali nell’area di imbocco nord delle gallerie: si comincerà entro il 10 maggio. Poi si inizierà a scavare il tratto in trincea, per completare entro settembre la parte destinata a ospitare la variante alla statale, che dovrà tornare alla sua collocazione attuale entro marzo 2024. A quel punto i disagi più pesanti per la parte nord del progetto, quella ritenuta più impattante e delicata, saranno terminati. Si inizierà a lavorare sottoterra e sotto la città. Vibrazioni e rumori saranno monitorati, come anche la stabilità degli edifici più grandi. Ma i tecnici non si aspettano fastidi significativi.

Passando alla parte sud, a Mattarello, a inizio maggio inizierà la bonifica bellica della decina di ettari a sud di villa Bortolazzi destinati all’area di cantiere. Poi si comincerà a costruire: spazi per uffici e baracche per i lavoratori. Entro fine settembre si sposterà anche qui un tratto di statale che sottopassata dalla galleria artificiale tornerà alla sede attuale entro febbraio.

La modalità di intervento prevede anche qui lo scavo in trincea della parte di accesso alla galleria vera e propria, e quindi una prima fase di lavori a cielo aperto. Dal punto di vista di polveri e rumori, la fase più impattante. Montate le due talpe (le altre due saranno ovviamente montate a Trento nord) inizierà il lavoro di fresa. Curiosità: le frese sono state realizzate specificamente per quest’opera e sono in grado di scavare sia nella roccia compatta (80% del lavoro, secondo i geologi) che nei tratti di materiale sciolto (20%). Si incontreranno più o meno a metà dei due tunnel e a quel punto saranno smontate sul posto e riportare fuori a pezzi. Un sistema meccanizzato rifornirà in continuo i conci di armatura: anelli da 1,8 metri di larghezza smontati in 7 pezzi ognuno. Sono più di 80 mila pezzi.

 













Scuola & Ricerca

In primo piano