Entra dal buco nel vetro, ladro si ferisce

La spaccata (con tombino) da Ivanhoe non è bastata ad aprire la porta. Tunisino arrestato con 8 mila euro di merce


di Luca Marognoli


TRENTO. Mezzo metro, forse meno. Il ladro che ha svaligiato l'altra notte la boutique Ivanhoe, in galleria Tirrena, era disposto a tutto: anche ad infilarsi due volte, per entrare e per uscire, in un buco largo poco più del coperchio del tombino usato per la “spaccata”. Le copiose macchie di sangue lasciate nel negozio e sui capi rubati aiutano a capire la follia dell' “impresa”. Un'impresa fallita. Gli agenti della Squadra Volante della polizia hanno intercettato l'uomo, Zaydoun Khamasi, 36 anni, tunisino, attorno alle 4 di notte, in via Oss Mazzurana - dove aveva scoperchiato il tombino - mentre cercava di caricarsi sulle spalle la refurtiva, capi griffati del valore di 8 mila euro. Sembra che avesse intenzione di infilarla nei sacchetti delle immondizie poste sul retro del ristorante Forst.

Ieri mattina è stato processato per direttissima e ha patteggiato la pena di un anno, un mese e 10 giorni di reclusione più 170 euro di multa, senza il beneficio della condizionale: è stato quindi accompagnato al carcere di Spini. La polizia ora cercherà di capire se altre spaccate compiute nei giorni scorsi con le stesse modalità, come quella da Glò Calzature in via Galilei, sia riconducibile alla stessa mano (lanciatrice di piastre di ghisa).

Che il 36enne fosse disposto a tutto lo dimostra anche l’incuranza del fragore causato dalla spaccata. A dare l'allarme alcuni residenti nello stesso stabile. Acciuffato il ladro, la polizia ha avvisato il titolare del negozio, Diego Vanzo, raggiungendolo sul cellulare. «Ecco qui la merce, tutta sporca di sangue», sospira mostrando una giacca di pelle e un pullover pieni di macchie rosse. «Non possiamo certo lavare i capi e rimetterli in vendita. E comunque è tutta roba che finirà probabilmente al macero: la teniamo qui per mostrarla al perito dell’assicurazione». Il bottino – spiega – consiste in «3-4 giacche, un cappotto (rovinato dal vetro tagliente), un piumino, una decina di maglioni, alcune sciarpe e 2-3 paia di pantaloni».

È toccato a Elisa, figlia del titolare, ripulire tutto (pavimento con moquette compreso) con acqua e ammoniaca. «Anche il registratore di cassa era tutto sporco: il ladro probabilmente cercava i soldi, senza sapere che questo è un modello senza cassetto, serve solo per gli scontrini», dice la giovane. «E non ha nemmeno trovato i 90 euro che c'erano nel mobile accanto». Ha invece portato via il telefono portatile, ma era un cordless, inservibile fuori dalla boutique.

Diego Vanzo è negoziante da cinquant'anni. «Ricordo ancora il '68: in via Belenzani c'erano i celerini, in via Oss Mazzurana il battaglione Laives dei carabinieri...». Una lunga carriera che lo ha visto subire almeno altri tre furti: uno in magazzino e due al negozio. «Una volta i ladri avevano dormito in albergo, dove avevano rubato le lenzuola da usare come sacchi per la merce», ricorda. «Non era rimasto nulla, ma erano stati presi anche allora, dai vigilantes della Caritro di passaggio. In un’altra occasione, alla vigilia di Natale, avevano fatto un piccolo buco e grazie ad un rampino erano riusciti ad agganciare i capi dei manichini».

Questa volta il ladro, aiutato dalla corporatura esile, si è infilato nello squarcio come un contorsionista da circo. «La porta non è riuscito ad aprirla perché ha due blocchetti molto robusti in alto e in basso», spiega Elisa. «La saracinesca? Oggi non si usa più: abbiamo i vetri antisfondamento e lasciamo la luce accesa per scoraggiare gesti simili» aggiunge papà Diego. Ma c’è chi non si lascia scoraggiare. Passa una signora anziana e guarda il foro nel vetro: «Disgraziati», esclama. «Disgraziati».

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