Edifici abbandonati a rischio ora il Comune potrà demolirli

Diventati quasi sempre rifugi per disperati. La Provincia ha accolto una richiesta di Palazzo Thun: se ci sono problemi di sicurezza i ruderi potranno essere abbattuti anche senza un piano attuativo


di Chiara Bert


TRENTO. Alzi la mano chi, percorrendo via Brennero, non ha almeno una volta pensato: ma perché non li buttano giù? Con il passare degli anni gli ex capannoni abbandonati sono diventati parte del paesaggio urbano,scheletri fatiscenti come orribile biglietto da visita per chi arriva in città da nord. Ma per anni, a rotazione, si sono trasformati anche in pericolosi rifugi per senzatetto o, peggio, in terre di nessuno per lo spaccio della droga.

Edifici privati su aree private, sulle quali il Comune non aveva potere di intervenire. La decisione spettava ai proprietari, più d’uno di solito nel caso di aree di una certa ampiezza come l’ex Frizzera di via Brennero. E così gli scheletri restavano in piedi.

Ma le cose sono destinate a cambiare. La nuova legge sui piani regolatori, approvata la scorsa settimana in commissione, contiene un emendamento all’articolo 12 - presentato dall’assessore all’edilizia abitativa Carlo Daldoss - che prevede la possibilità di demolire gli edifici esistenti e in disuso. La giunta provinciale ha accolto una specifica richiesta venuta dal Comune di Trento di poter intervenire in particolare su alcuni manufatti nell’area nord della città. «L’abbattimento - spiega il vicesindaco Paolo Biasioli - non era possibile fino all’approvazione di un piano attuativo». Una clausola che impediva qualunque tipo di intervento in mancanza di un accordo con la proprietà dell’area.

È il caso appunto dell’ex concessionaria Euromix di via Brennero: a metà 2012 le ruspe sono entrate in azione dopo le proteste dei residenti della zona: via i piani e le pareti interne, via tutti gli infissi, così che il rudere sventrato non fosse più abitabile. Ma la demolizione è rimasta a metà: motivi di sicurezza perché la copertura dell'edificio è fatta di lastre di eternit. Ma a bloccare il comparto sono stati, negli anni, i complicati assetti proprietari, che hanno lasciato sulla carta i progetti di realizzarvi case, negozi, uffici, un cinema multisala e un parco pubblico. I proprietari non si sono accordati, per agire serve un piano attuativo. E a frenare la demolizione dei vecchi immobili contribuisce la paura di perdere il diritto di cubatura, dal momento che la legge prevede la possibilità di abbattere e ricostruire per non più del volume preesistente. Ai privati conviene dunque lasciare tutto com’è.

Non al Comune, che si è posto un problema di sicurezza per le persone, prima ancora che di decoro urbano. Un altro esempio che viene alla mente è quello dell’ex circolo tennis di Villazzano: a ricordarlo sono rimasti gli scheletri dei palloni che coprivano i campi. Anche qui nel 2011 si scrisse che qualcosa si stava muovendo, e che bisognava mettere in sicurezza l’area sprofondata nel degrado sotto una foresta impenetrabile. Il proprietario si è più volte lamentato dei soldi spesi per la manutenzione, ma senza un piano attuativo approvato anche in questo caso tutto è restato fermo. E si potrebbe continuare con gli ex: dall’ex Atesina all’ex asilo di via Manzoni, dall’ex scuola del legno all’ex casetta dei ferrovieri, edifici decadenti, spesso murati per impedirne l’accesso. La loro demolizione potrebbe oggi essere più vicina.

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