«Ecco come ho vinto la depressione»

La storia di Maurizio Capitanio: non bisogna aver paura di chiedere aiuto


Jacopo Tomasi


TRENTO. Il mondo di Maurizio è tornato a colori. Dopo anni di buio, è riuscito a vincere la battaglia contro la depressione e oggi la sua "missione" è quella di dare speranza a chi sta soffrendo di questo male che, secondo i dati dell'Azienda sanitaria, colpisce 17 mila trentini. «All'inizio facevo finta di niente, ma l'unico modo per sconfiggere questa malattia, è affrontarla».

Maurizio Capitanio, 49 anni, bergamasco dal viso ruvido ed il sorriso gentile, è arrivato in Trentino nel 1997 per amore di Letizia, dalla quale ha avuto tre figli, Anita, Elina e Adriano. Una famiglia felice, una bella casa a Cortesano, un lavoro come carrozziere a Gardolo. Poi, nel 2005, questa vita tranquilla è stata sconvolta da un male infido e strisciante. Prima graduale, poi sempre più intenso. «Un giorno - racconta Maurizio - mi sono reso conto che facevo fatica a fare le piccole cose di tutti i giorni, come andare a prendere i figli a scuola o cucinare. All'inizio, anche per vergogna, me lo sono tenuto per me. Ero convinto che si trattasse di una cosa da poco, che un giorno mi sarei svegliato e sarebbe passato tutto. Invece, più passava il tempo più le cose si complicavano: non parlavo più, non mi tenevo, non mangiavo, facevo fatica a dormire. Non riuscivo nemmeno più ad abbracciare e raccontare le favole ai miei figli».

E come ha fatto ad uscire da questa situazione?
Mia moglie, Letizia, è stata fondamentale. Mi ha convinto ad andare al Centro di salute mentale a farmi curare. In quei momenti vedi tutto nero, negativo e solo grazie all'aiuto di qualcuno puoi venirne fuori.

A questo punto ha affrontato la malattia senza nascondersi...
Sì. Una sera un vicino di casa mi ha chiesto come stavo e gli ho detto che soffrivo di depressione. È stato come liberarmi di un peso. Ho iniziato a frequentare il Centro e passo dopo passo le cose sono migliorate. C'è voluta tanta pazienza e per fortuna mi sono accontentato delle piccole cose. Non bisogna avere fretta di star bene.

Com'è stato il rapporto con i farmaci?
Inizialmente ero preoccupato per le controindicazioni, ma il mio medico mi è sempre stato vicino. Anche oggi prendo uno stabilizzatore dell'umore: so che ne ho bisogno per poter vivere una vita normale.

Una vita che, dopo il buio, è tornata a colori.
Sì. Sono tornato quello di una volta. Mi godo la mia famiglia, i miei figli e mia moglie. Ho voglia di fare e il lavoro come Ufe mi sta aiutando moltissimo...

Di cosa si tratta?
Quando non stavo bene questi Ufe (Utenti familiari esperti del Servizio di salute mentale di Trento, ndr) mi sono stati vicini rispettando i miei tempi. Così da qualche anno sono entrato a far parte di questa squadra. Lavoro 120 ore al mese con utenti che soffrono di disagio psichico e mi serve moltissimo. È bello vedere che puoi essere utile per qualcuno, che rappresenti per loro una speranza. Raccontare la mia storia mi fa bene e, grazie al Servizio, ho portato la mia esperienza in tutta Italia, ma anche all'estero, in Cina, Giappone, Svezia, Stati Uniti, Kenya, Francia.

Cosa si sente di dire, quindi, a chi soffre di depressione?
Di non chiudersi in sé stesso. Di farsi aiutare dalle persone care. La depressione si può vincere, ma per farlo va affrontata.













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