Dolomiti Pride: «È stata la festa degli etero e dei trentini»
Paolo Zanella di Arcigay: «Una grande risposta di comunità, qualcosa cambierà. Rossi? Aspettiamo ancora che ci chiami»
TRENTO. Omosessuali? Quello di sabato è stato il Pride soprattutto degli etero. A dirlo è lo stesso Paolo Zanella, presidente di Arcigay Trento. E non senza soddisfazione: «Quattro persone su cinque non erano militanti, ma uomini e donne scesi in strada perché credono nei diritti di tutti e di tutte», dice. Etero e trentini, in gran parte: «Il 90% dei partecipanti erano del posto», precisa il coordinatore dell’evento. Secondo cui il Dolomiti Pride «cambierà il modo di pensare della comunità locale. La gente è venuta a vederlo per il colore e la curiosità, e attraverso tutto ciò ha scoperto persone che di solito sono invisibili».
Zanella, si aspettava una partecipazione di questa portata?
Onestamente sulle 5 mila persone sì, ma nessuno pensava di arrivare a 10 mila. È stato un gran successo.
Da dove è venuta tutta questa gente: anche da aldilà del Brennero?
Qualcuno anche dall’Austria, ma il 90% dei partecipanti erano trentini. È stato un Pride della comunità. Dalle altre città di solito si muovono i militanti: ce n’erano da Friuli, Veneto, Bologna, Brescia, Bergamo… ma erano pullman: saranno stati 500 su diecimila.
Visto che parliamo di numeri, in percentuale sa dire quanti fossero i militanti omosessuali e quanti gli etero?
Direi un quinto i militanti omosessuali, tutti gli altri eterosessuali: infatti io l’ho chiamato “il Pride degli alleati”, delle persone che – pur non appartenendo alla comunità Lgbt – scendono in strada perché credono nei diritti di tutti e di tutte.
Ce ne sarà un altro l’anno prossimo?
Non lo sappiamo: è stata una grande sfacchinata. Ma non credo: i Pride sono eventi speciali. Ci penseremo fra qualche anno.
C’è chi si è fermato al colore e all’aspetto scenografico, che pure è stato molto efficace. Ma aldilà di quello, cosa ha significato questo Dolomiti Pride per la città di Trento?
Il Pride è una manifestazione fortemente politica. La parata è colorata ma per un motivo: vuole rappresentare le tantissime diversità e appartenenze in cui ciascuno di noi si identifica. Quindi è un inno alla diversità. Non rivendica solo uguaglianza e normalità: sottolinea anzi il fatto che siamo tutti diversi ma abbiamo gli stessi diritti.
Il Roma Pride è stato nel segno della "resistenza arcobaleno", una risposta alle dichiarazioni del ministro della Famiglia Lorenzo Fontana. Anche voi eravate su questa linea, a giudicare da alcuni striscioni...
Non potevano non esserci dei riferimenti. Bisogna stare attenti però a equilibrare le istanze. Siamo i primi a difendere le famiglie arcobaleno, ma il Pride deve avere un portato molto più ampio. Non va ridotto a istanze di normalizzazione legate al matrimonio, alla filiazione, eccetera. C’è una complessità di temi da portare avanti. Come il riconoscimento del diritto di poter essere chi si è e di essere inclusi per quello che si è.
Cambierà qualcosa nella mentalità dei trentini dopo il Dolomiti Pride?
Secondo me cambierà qualcosa, perché il Pride è sempre un evento dirompente. A tal punto che c’è chi non ha voluto patrocinarlo. La gente è venuta a vederlo per curiosità, perché è originale, ed è stata travolta dal suo clima. La cosa importante è che il Pride rivendica istanze politiche importanti attraverso una manifestazione colorata e di gioia. Il coinvolgimento poi dà visibilità a persone e temi che di solito sono invisibili.
A proposito, con Rossi poi avete fatto la pace? Come siete rimasti?
Siamo rimasti che deve ancora chiamarci per chiederci di spiegargli cos’è un Pride. Se ci avesse dato la possibilità di farlo forse avrebbe cambiato idea. E se l’avesse visto ieri si sarebbe mangiato le mani.
Eravate d’accordo che vi avrebbe contattato?
Sì, aspettavamo una sua chiamata, anzi un incontro, ma è arrivata una Pec di diniego… e non si è capito perché. Forse le elezioni del 4 marzo, a differenza di quanto lui ha detto, non sono state così neutrali per lui. Aveva detto che non sarebbe cambiato niente...
Cambierà qualcosa invece alle elezioni di ottobre? Questa vicenda avrà conseguenze sul voto?
Dal mio punto di vista Rossi diventa invotabile. È una posizione personale e non so se sia solo la mia o anche delle diecimila persone in piazza... Quindi, o la maggioranza decide di cambiare candidato, o credo che perderà un sacco di voti. Oltre a quelli persi per il clima politico mutato.
Appunto: qual è la posizione del movimento rispetto al nuovo governo 5 Stelle - Lega?
Io dal palco l’ho detto: il M5S deve fare chiarezza al suo interno su questi temi. Non mettere una parola nel programma di governo e poi aderire al Pride con i singoli meetup è un errore. Per di più quando il ministro Fontana ha fatto quelle dichiarazioni, nessun ministro 5 Stelle si è dissociato. Ci vogliono chiarezza e coraggio assieme, perché l’ambiguità, sinceramente, ha un po’ stufato.