«Difendo la comandante Pia accusata di troppa umanità»
L'avvocato Nicola Canestrini difende la capitana della nave Iuventa della ong tedesca che in 18 mesi ha salvato 14 mila persone nel canale di Sicilia. Ora rischia 20 anni di carcere
TRENTO. «Sono un gruppo di ragazzi, di universitari che hanno preso in prestito 140 mila euro per andare a salvare le persone. E non solo hanno diritto, ma anche il dovere di farlo». Mentre la Sea Watch con il suo carico di disperati affronta il tredicesimo giorno al largo di Lampedusa senza poter attraccaare, Nicola Canestrini, avvocato roveretano molto combattivo, difende Pia Klemp, la capitana della nave Iuventa e gli altri nove membri dell’equipaggio che sono tutti accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver strappato alle acque del Mediterraneo oltre 14 mila migranti. La nave della Ong tedesca Jugend Rettet è sotto sequestro da due anni nel porto di Trapani e ora l’inchiesta sta volgendo verso la conclusione. È in corso un incidente probatorio per l’analisi delle chiamate dei telefoni cellulari e satellitari della Iuventa. Pia Klemp, una biologa marina di 36 anni, rischia fino a 20 anni di carcere, così come il suo equipaggio, per aver salvato 14 mila vite. E anche adesso che la nave è sotto sequestro continua ad aiutare persone e a soccorrere migranti che rischiano la vita.
Avvocato, l’accusa dice che i suoi assistiti sono complici dei trafficanti di esseri umani.
«Assurdo. L’accusa li ritiene l’ultimo anello della tratta dei migranti. L’ipotesi accusatoria è che loro facciano i taxi per i migranti in combutta con i trafficanti di essere umani. Ma io mi chiedo: se l’ambulanza è allo stadio nel timore che ci siano incidenti e se una tifoseria carica l’altra, l’ambulanza deve essere considerata complice degli aggressori? I ragazzi della Iuventa erano lì perché lì c’è bisogno di aiuto. Da Lampedusa alle acque territoriali libiche ci vuole un giorno e mezzo di viaggio. Per questo devono stare in zona per soccorrere le persone in difficoltà».
Ma c’è chi dice, a partire dal ministro degli Interni, che i migranti partono proprio perché ci sono le Ong che li aspettano al limite delle acque territoriali libiche.
«È una tesi molto suggestiva, ma è sbagliata. E non lo dico io, ma lo dice il contrammiraglio Carlone che è il capo della Guardia Costiera italiana. In due audizioni diverse, alla Camera e al Senato, ha detto che non è vero che esiste questo Pull factor, il fattore di incoraggiamento dell’immigrazione dovuto alla presenza delle navi delle Ong. Quello che la politica dovrebbe fare è interrogarsi sul push factor, sul perché la gente è spinta ad andarsene. La gente parte perché non ha alternative . Non è che affrontano le sevizie e gli stupri in Libia perché c’è una nave delle Ong che ti aspetta. Queste sono emerite sciocchezze, tanto che stanno partendo ancora adesso che non ci sono più le navi delle Ong. E muoiono, in proporzione, molto di più, almeno quattro volte e mezzo di più di prima. E un po’ di umanità non ci farebbe male».
Come si articola la sua difesa?
«Semplice, la comandante Klemp e tutto l’equipaggio ha sempre agito sotto il coordinamento dell’Mrcc di Roma. Andavano a soccorrere i barconi in difficoltà su indicazione del centro di coordinamento della Guardia Costiera».
Cosa rischia la comandante Klemp?
«Vent’anni di carcere e 15 mila euro per ogni migrante salvato».
E quanti ne ha salvati?
«Quattordicimila. La Iuventa in un anno e mezzo ne ha salvati approssimativamente 14 mila. L’accusa, al momento, contesta tre episodi distinti. Uno il 10 settembre 2016 e due il 18 giugno 2017. La nave è stata sequestrata subito dopo. L’ipotesi era che l’equipaggio fosse in contatto con i trafficanti. Quindi sono stati sequestrati tutti i telefonini e i computer e adesso stanno facendo l’analisi forense di queste apparecchi. La prossima udienza è il 24 settembre».