Dalle provinciali alle politiche sale il fronte per le primarie

Il segretario Pd Nicoletti: «Questa la strada se non cambierà la legge elettorale, così favoriremo rinnovamento e competenza». Zeni: «Strumento da rilanciare ancor di più dopo questo successo»


di Chiara Bert


TRENTO. Il successo delle primarie del centrosinistra galvanizza i sostenitori di questo strumento e rafforza il fronte di chi chiede le primarie anche per scegliere il candidato della coalizione alla guida della Provincia e - se non cambierà la legge elettorale - anche per scegliere i candidati al parlamento. Un’euforia-primarie che contagia tutti, bersaniani e renziani.

Il segretario del Pd Michele Nicoletti lo aveva già detto lunedì scorso, all’indomani del primo turno: «La grande partecipazione è la prova che le primarie non dividono, come alcuni temono, ma arricchiscono e rafforzano. Per cui noi rilanciamo questa strada anche per altre situazioni, a partire dalle prossime provinciali». E domenica sera Nicoletti ha rilanciato pensando alle nazionali di primavera: «Se non si riuscirà a cambiare la legge elettorale, perché Berlusconi insiste a mantenere il porcellum, il nostro impegno è a fare le primarie per scegliere i parlamentari. È il modo per rinnovare la compagine ma anche per avere una delegazione competente e capace».

Il segretario sfonda una porta aperta con Luca Zeni, il capogruppo provinciale del Pd, renziano e da sempre grande sostenitore delle primarie per il dopo–Dellai. «Sono i numeri a parlare. Aver portato 3 milioni di persone a votare per due domeniche di fila in un momento di crisi della politica è un segnale fortissimo che i cittadini hanno scelto di non abdicare e di non rassegnarsi. Chi ne esce vincitore è il Pd e a maggior ragione dopo questo passaggio dobbiamo rilanciare le primarie per le provinciali e se necessario per la scelta dei parlamentari. Perché è inammissibile che i cittadini siano estromessi dalla possibilità di decidere chi mandare in parlamento». Secondo Zeni «il rinnovamento della classe dirigente è un’esigenza sentita non solo da chi ha votato Renzi. Bersani l’ha ripetuto anche ieri e ho fiducia che sarà così». Ma riuscirà il Pd di Bersani, al di là del rinnovamento, a tenere insieme le agende di Vendola e di Renzi? «Oggi - dice Zeni- la scommessa del Pd è mettere insieme sensibilità diverse, una più di sinistra e una più innovatrice. A Bersani spetta fare questa sintesi alla quale non c’è alternativa se vogliamo governare il Paese in una situazione drammatica come questa, non possiamo sottrarci a questa responsabilità».

Grande entusiasmo per le primarie arriva anche da Alessandro Rognoni, il giovane coordinatore del comitato Renzi delle Giudicarie, l’unica valle dove il sindaco di Firenze ha vinto in Trentino raccogliendo 570 voti contro i 457 di Bersani. «Lavoreremo per avere anche qui in Trentino primarie aperte per le provinciali e le politiche - spiega Rognoni - ridando ai cittadini il diritto di scegliere i propri parlamentari e consiglieri provinciali. Porteremo avanti in tutte le sedi il concetto di ricambio generazionale anche nel nostro piccolo trentino, chiedendo di fare un passo indietro ai nostri dinosauri della politica, con rispetto e umiltà. Il nostro lavoro non è finito, ma è appena iniziato. Non si cambia l’Italia in due mesi, ma attraverso un lungo percorso. E noi ci saremo».

Ma la spinta per le primarie dovrà fare i conti con due fattori che faranno la differenza. Per quanto riguarda le elezioni nazionali tutto dipenderà dalla legge elettorale con cui si voterà (un ritorno alle preferenze annullerebbe l’esigenza di primarie) e dalla data delle elezioni (tra febbraio e aprile), dunque dai tempi a disposizione per organizzare una consultazione dal basso. Diverso il discorso per le provinciali d’autunno: in questo caso la decisione non spetta solo al Pd (in cui convivono posizioni diverse) ma coinvolge anche gli alleati, che fin qui si sono dimostrati più che freddi.

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