Cura dimagrante su consiglio e giunta
Regioni, il governo «ordina» di diminuire i consiglieri. Rischia anche il Trentino
TRENTO. La cura dimagrante ai consigli regionali imposta dalla manovra bis del governo questa volta potrebbe toccare anche al Trentino Alto Adige. Un taglio pesante, da 70 a 30 seggi, al pari di Marche, Friuli e Sardegna che sono sotto i 2 milioni di abitanti. Il decreto cita espressamente anche Regioni e Province a statuto speciale: chi non si adegua sarà chiamato a contribuire di più al fondo di perequazione del federalismo fiscale.
Per il Trentino il paracadute resta l'accordo di Milano. In quel patto, siglato da Dellai e Tremonti nel novembre 2009, si stablisce infatti la quota del contributo della Provincia di Trento al risanamento dei conti pubblici (250 milioni di euro all'anno) e l'entità della perequazione. Ma c'è un «ma». Quell'accordo, che sancisce gli impegni finanziari del Trentino nei confronti dello Stato, sembra ora improvvisamente appartenere alla preistoria.
La crisi finanziaria e le ripercussioni sull'Italia delle ultime settimane hanno imposto al governo di varare una manovra di emergenza da 45 miliardi in due anni, con pesanti sacrifici chiesti anche agli enti locali. Oltre all'abolizione di una trentina di Province e all'accorpamento dei mini-Comuni, nella manovra c'è il taglio di consigli regionali, legato rigorosamente al numero di abitanti. Seggi fermi solo in Lombardia ed Emilia Romagna, per gli altri cali anche drastici. Nel caso del Trentino Alto Adige il taglio ridurrebbe i consiglieri dagli attuali 70 a 30, stesso numero di Liguria, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Marche e Abruzzo.
La prescrizione prevista nel decreto vale per tutti, Regioni ordinarie e a statuto speciale. Per le Regioni ordinarie il taglio va ad incidere sulla cosiddetta «virtuosità»: chi non si adegua sarà soggetto ad oneri più pesanti per quanto riguarda il patto di stabilità con lo Stato. Impostazione diversa per le 5 Regioni autonome: nel loro caso, compreso il Trentino Alto Adige, il mancato adeguamento comporterebbe conseguenze non sul patto di stabilità, ma sulla quota di contribuzione al fondo di perequazione del federalismo fiscale.
Questa volta dunque sembra che la norma abbia valore anche per il Trentino Alto Adige. È l'ex assessore regionale agli enti locali Margherita Cogo a confermarlo: difficilmente - considerato il carattere di coordinamento generale della norma finanziaria approvata dal governo - Trento e Bolzano potranno sottrarsi e non recepire la decurtazione dei seggi nei consigli. Più critico il parlamentare Svp Karl Zeller, secondo cui lo Statuto ci blinda in maniera forte. Quello a cui le due Province potranno appellarsi, semmai, è l'accordo di Milano. A quel patto il governatore Lorenzo Dellai fa appello anche per quanto riguarda l'ammontare del contributo al patto di stabilità, che secondo gli ultimi conteggi potrebbe arrivare a 500 milioni di euro. La trattativa è ancora aperta. Ma il taglio alle poltrone dei consiglieri potrebbe essere più vicino.