«Così negano la speranza alla mia piccola di 3 anni»

Costretta a letto da una malattia genetica, non può accedere alla nuova cura Il papà: «Molti altri giudici in Italia stanno dando il via libera. E’ un’ingiustizia»


di Luca Marognoli


TRENTO. «Vorrei che chi ha la responsabilità di giudicare passasse un’ora a casa nostra, dove in quattro - io, mia moglie e le due nonne - assistiamo Desireè 24 ore su 24, per rendersi conto che il buon senso può giovare più dell’applicazione rigida di una legge». Desireè ha 3 anni e mezzo e vive sdraiata in un letto, alimentata con un sondino. Riesce a muovere parzialmente le braccine, si fa capire con dei vocalizzi che i suoi cari riescono a interpretare e ha un’intelligenza spiccata. Al camice bianco dei dottori è abituata («quando li vede non piange più», dice il papà Eros Larcher) perché sono diventati parte della sua vita quotidiana da quando, all’età di 6 mesi, le fu diagnosticata l’atrofia muscolare spinale (Sma), una malattia genetica a tutt’oggi inguaribile ma trattabile con il trapianto di cellule staminali. A Taio, dove la famiglia di Desireè vive, tutti conoscono questa bimba “speciale” circondata dall’amore dei suoi giovani genitori, che stanno conducendo una battaglia legale per farla accedere (a carico del sistema sanitario) al protocollo introdotto da Stamina Foundation, il quale consente il trapianto di staminali donate dai genitori invece che a quelle di donatori diversi trattate in 13 laboratori (“cell factories”) sparsi sul territorio nazionale e autorizzati dal Ministero. Una battaglia che per ora ha visto i Larcher soccombere: il giudice Flaim, dopo avere inizialmente autorizzato la cura alternativa, in udienza l’ha vietata e il collegio presieduto dal giudice Ancona la settimana scorsa ha confermato il pollice verso. Motivazioni: l’assenza di una prescrizione medica e l’intervento di Aifa, l’Agenzia del farmaco, che assieme al ministero della salute ha bloccato la terapia inizialmente autorizzata da entrambi. Lo stop è arrivato in maggio, dopo l’inchiesta del pm Guariniello che dopo un sopralluogo dei Nas ha messo sotto sequestro il laboratorio degli Spedali Civili di Brescia dove il protocollo di Stamina Foundation veniva applicato e inserito nel registro degli indagati 13 persone. «La cosa strana - dice Larcher - è che il laboratorio è stato ritenuto sporco per quella terapia, non per tutte le altre di trapianto di midollo. Va anche chiarito che a Brescia è l’ospedale che agisce e Stamina non ha nulla a che fare se non il fornire il protocollo».

A colpire è la disparità di trattamento, da parte della legge in questo caso, di casi per la medicina analoghi: «Mia figlia ha una patologia degenerativa: non esiste cura e questa per Desireè è l’unica possibilità. La rabbia nostra nasce da questo: altri 5 pazienti, con la stessa malattia, hanno ottenuto l’autorizzazione dai rispettivi tribunali (l’ultima 2 giorni fa) che a noi è stata negata». Persone che stanno accedendo ex novo alla cura e si aggiungono alle 12 che l’avevano già iniziata quando fu inibita.

Ma perché insistere con la discussa Stamina? «Perché abbiamo visto con i nostri occhi i miglioramenti a dir poco pericolosi di Celeste, l’ormai nota bimba di 2 anni e mezzo che iniziò per prima la terapia. Era paraplegica, immobile a letto, ora muove la testa e sta seduta da sola. Miglioramenti certificati, ma trattandosi di un unico caso non ha valenza statistica. I casi però potrebbero essere tanti. La mia domanda è: e se la cura funziona?».

La famiglia Larcher porterà la vicenda anche in consiglio provinciale: «E’ incredibile che succeda questo nell’efficiente Trentino. Una decina di famiglie sono nella stessa situazione. La loro speranza era legata alla nostra. E ora l’hanno persa».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano

violenza

La denuncia: «Aumento vertiginoso dei post contro le donne»

Unterberger: «Contrastare ogni forma di diffusione dell'odio». La senatrice aveva presentato una proposta di legge per introdurre il reato di odio e di istigazione alla violenza per motivi di genere, con una pena aumentata nei casi in cui il fatto è commesso tramite dispositivi telematici