«Comunità, non si torni indietro»

Trotter ( Primiero): «I Comprensori come sommatoria dei sindaci hanno fallito. La Provincia ci ceda più competenze»


di Chiara Bert


TRENTO. «Attenti a non tornare indietro, la storia ci ha dimostrato che la sommatoria dei sindaci molto difficilmente fa l’interesse collettivo. Va rispettato il principio cardine della riforma istituzionale: le Comunità di valle sono organismi politici a rappresentatività diretta». Cristiano Trotter, presidente della Comunità del Primiero, difende il ruolo politico delle Comunità. E incalza la Provincia: «Abbia più coraggio e trasferisca nuove competenze, come cultura e turismo».

Presidente Trotter, come vede l’ingresso - prospettato ieri da Dellai e Gilmozzi - dei sindaci nelle assemblee e nelle giunte delle Comunità per superare l’attuale conflittualità tra Comuni e Comunità?

È incontestabile che per una serie di ragioni si è creato, se non un conflitto, una serie di incomprensioni e equivoci nei rapporti tra Comuni e Comunità. Qualunque proposta migliorativa che vada nell’ottica di riallacciare questi rapporti non può che essere accolta positivamente. Ma a due condizioni.

Quali?

Vanno rispettati due principi di fondo. Il primo è la rappresentatività allargata su ciascun territorio, per non tornare indietro ai Comprensori, ovvero ad un ente sovracomunale che è l’equivalente della sommatoria dei sindaci. Quell’assetto è stato del tutto fallimentare. Dall’altro va rispettato uno dei principi cardine della riforma: la rappresentatività politica dei territori, che si raggiunge solo attraverso l’elezione diretta degli organi, quantomeno del presidente e della giunta della Comunità di valle, e dunque la funzione politica delle Comunità in termini sovracomunali. La storia ha dimostrato che la sommatoria dei sindaci molto difficilmente porta a politiche di pianificazione, di programmazione e di sviluppo che non siano la sommatoria di interessi singoli.

Gli obiettivi che lei indica come si conciliano con il voler portare i sindaci nelle giunte? Non è questo un cedimento ai Comuni che faticano a cedere pezzi di sovranità?

Io dico che va benissimo che i sindaci partecipino più attivamente agli organismi della Comunità per svolgere quelle funzioni che la Comunità esercita come associazione di comuni. Non credo che la proposta della Provincia preveda un ritorno tout court alle giunte dei sindaci, tanto più che in territori come le Giudicarie e la Val di Non questo non sarebbe neanche possibile a meno di non pensare a giunte di 40 persone. Si può pensare ad un doppio canale: i sindaci esercitano più direttamente le funzioni trasferite dai Comuni alle Comunità e gli organi elettivi (presidente e il resto della giunta) esercitano le funzioni più politiche sovracomunali trasferite dalla Provincia. È chiaro che è un’architettura istituzionale complessa che va studiata attentamente. Avremo il tempo di farlo con serenità.

Intanto però le tensioni sulle gestioni associate dei servizi continuano. Come si superano?

È inutile continuare con questo estenuante braccio di ferro. In questa fase credo che ognuno debba svolgere il proprio compito, i tecnici facciano i tecnici, i politici facciano i politici e gli amministratori facciano gli amministratori. Confrontiamoci sui costi delle gestioni associate, che preoccupano molti sindaci, ma facciamolo con sincerità. Per quanto riguarda invece l’architettura istituzionale, non si devono fare passi indietro. La riforma prevedeva un trasferimento di poteri dal centro alla periferia: questo è l’elemento che non si è ancora colto. La riforma ha 6 anni ma dal suo avvio effettivo sono passati meno di due anni, mi sembra che alle Comunità non sia stato dato il tempo per poter esprimere il proprio potenziale.

In questo momento la Provincia sembra spingere su altre gestioni associate e dai Comuni è arrivata un’altra levata di scudi.

In questa fase io rivendico più trasferimenti di funzioni non dal basso, dai Comuni, ma dall’alto. Cerchiamo di far funzionare bene le gestioni associate già previste, delle entrate, degli appalti e dell’informatica. Mi sembra che per il momento ce ne sia abbastanza. E si abbia invece un po’ più coraggio dando fiducia alle Comunità. Questo significa trasferire più competenze dal centro alla periferia, che è il cuore della riforma. Io insisto per esempio su cultura e turismo. Si è detto che le Comunità non sanno esercitare le funzioni che hanno avuto finora. Questo non è vero, io lo rivendico a nome di tutte le Comunità, che hanno portato a termine la pianificazione sociale e ora stanno procedendo sulla pianificazione urbanistica.

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