Comunità di valle, si apre lo scontro
Rossi: «Via l’elezione diretta, ma gestiranno le risorse». Gilmozzi: non è nel programma. Pinter: si torna ai comprensori
TRENTO. «Nessuno vuole abbandonare le Comunità, è esattamente il contrario. Ma la necessità di rivederle è sotto gli occhi di tutti», avverte il presidente Ugo Rossi. Che conferma pienamente la proposta di riforma anticipata a mezzo stampa dal suo assessore tecnico agli enti locali Carlo Daldoss: addio elezione diretta (il cardine della riforma istituzionale che ha istituito gli enti intermedi), assemblee ridotte - composte dai sindaci e da rappresentanti delle minoranze - che eleggono giunta e presidente, quest’ultimo esterno al consiglio. Per Rossi «questa è la base di partenza della discussione». «La chiave di volta, più importante del meccanismo di rappresentanza, è dare un ruolo ai Comuni, snellire le assemblee e modificare l’assetto della finanza locale. Oggi la Provincia trasferisce le risorse sul territorio per il 70% verso i singoli Comuni e per il 70% alle Comunità. Noi vogliamo invertire questo rapporto, questo significa rafforzare le Comunità, perché i Comuni devono imparare a mettersi insieme e a ragionare in un’ottica sovracomunale. Oggi i Comuni nelle Comunità non ci credono perché possono avere altri canali di finanziamento sugli investimenti». Sulla governance il presidente prova a smussare: «Pesa nella misura in cui i Comuni hanno necessità di essere dentro. Oggi ogni decisione delle Comunità viene rallentata dai Comuni e questo non funziona». E a chi parla di ritorno ai Comprensori, risponde: «Questa è pura teoria, il tema non è il meccanismo elettorale ma cosa fanno le Comunità e che risorse diamo loro. Non si tratta di risparmiare sui presidenti ma di rendere più veloci i processi di decisione».
Le reazioni non si fanno attendere, a partire dalla giunta. Per l’Upt parla Mauro Gilmozzi, che da assessore agli enti locali nella passata legislatura ha gestito il complicato avvio della riforma. «Proprio non ci siamo», dice, «primo nel metodo, che in questi casi è sostanza, ed è assolutamente sbagliato. In giunta di questa proposta non abbiamo minimamente discusso. Questa è una riforma di forte valenza politica che va discussa in maggioranza». Nel merito, Gilmozzi è tranchant: «La proposta è un arretramento, un’omologazione al livello nazionale rischiosa per la nostra stessa autonomia, del tutto incoerente con il programma di Rossi di legislatura che va nel senso di migliorare la riforma non certo di cancellare tutto, anche quello che funziona». «Un conto sono le gestioni associate, altro è la dimensione politica», osserva Gilmozzi, «e quella delineata da Daldoss non è la nostra prospettiva». Roberto Pinter, presidente e responsabile degli enti locali Pd, chiede un tavolo politico di verifica: «L’ipotesi illustrata dall’assessore è di fatto un ritorno ai Comprensori». «Un’accelerazione fuori da un minimo di condivisione politica non mi sembra il modo giusto per approdare a una soluzione». «Vogliamo che le Comunità abbiano un ruolo forte di programmazione socio-urbanistica ed economica? Allora dobbiamo essere coerenti. Non si può tornare al rapporto tra giunta provinciale e sindaci, serve un ente che abbia una legittimazione popolare diretta». Per l’esponente Pd creando delle giunte formate solo dai sindaci «il rischio è di assegnare tutto il potere ai grandi Comuni, mentre le Comunità volevano proprio evitare questo». «Una stupidata», avverte Pinter, «affrontare la revisione della riforma sotto il profilo dei costi, per questo basta snellire le assemblee». «Nell’analisi dell’assessore vedo diverse contraddizioni. Si riparta dai punti condivisi, semplificazione delle assemblee, sub-ambiti, gestioni associate più flessibili, unioni dei Comuni, meno funzioni alle Comunità ma molto chiare». Nel Pd il consigliere Alessio Manica rincara la dose: «Siamo basiti e amareggiati. Ci aspettavamo un incontro di maggioranza. Questo è un ritorno ai comprensori, anzi peggio». Ma Rossi è pronto ad accelerare: «Si tratta di perfezionare la proposta, verificarne la fattibilità tecnico-giuridica, poi apriremo la discussione. Riforme di questa portata richiedono la disponibilità di tutti a mettersi in discussione rispetto alle idee di ieri. Altrimenti le riforme non le facciamo mai». Messaggio chiarissimo alla maggioranza.
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