Comuni, premi solo alle fusioni

Modifica alla legge sugli accorpamenti: basta incentivi per le «semplici» unioni


Robert Tosin


TRENTO. I Comuni trentini? Troppi. E quelli piccoli quasi sempre sono così minuscoli che non riescono nemmeno a rapportarsi con le Comunità di valle. E' necessario un taglio netto, meglio, una fusione di almeno la metà dei municipi e la conseguente semplificazione dei livelli amministrativi provinciali. Le unioni non piacciono più alla Regione. Nella prossima manovra finanziaria della Regione sarà inserita l'ipotesi di una modifica normativa che andrà a "depotenziare" l'unione dei Comuni favorendo piuttosto le fusioni.

Per la verità la normativa oggi in vigore è stata usata pochissimo, quasi per niente. Questione di campanalismo. Ora, con i problemi economici, sta diventando invece una soluzione per molti: in Ledro l'hanno fatta, in val di Non la stanno rincorrendo, ad Aldeno ci stanno pensando. Ma, appunto, la prospettiva con le Comunità di valle in funzione non piace a Dellai, anche perchè rischia di diventare "concorrenziale" ed economicamente più costosa. E così la nuova norma dovrebbe prevedere contributi alle unioni finalizzate alla fusione. Come ha sempre sostenuto, il presidente non spingerà i Comuni a fondersi, ma le prospettive future pare siano inevitabili. Lo ha detto anche Tarcisio Andreolli ieri all'assemblea dell'associazione degli ex sindaci nella sua relazione.

Su 217 Comuni, 105 sono sotto i mille abitanti. E non tutti, sintetizza l'ex senatore ed ex primo cittadino di Brentonico, hanno senso. La situazione attuale richiede una forte semplificazione e una risposta alle esigenze economiche di gestine che non si trova in realtà troppo piccole. «In alcuni casi - aggiunge - queste realtà minuscole si trovano in difficoltà persino a rapportarsi con le Comunità di valle, troppo grandi. La strada porta verso la fusione, certo fatta con criterio. Ma soprattutto deve arrivare dal basso perchè, altrimenti, prima o poi arriva la mannaia dall'alto a imporlo. A livello nazionale l'ordine è già stato impartito e per il momento non arriva in Trentino per questioni di competenza».

Ma se l'assessore Gilmozzi, con commovente passione e tenacia, gira gli angoli del Trentino per convincere tutti della bontà delle Comunità di valle, il tema della riforma istituzionale resta ancora pervaso da uno scetticismo marcato. Anche gli ex sindaci riunitisi ieri proprio per parlare del futuro dei piccoli Comuni, non sembravano tifosi accaniti delle Comunità. Sì, più o meno tutti sperano che possa essere la strada giusta, ma i dubbi al momento sono maggiori delle certezze.

La critica più pesante è quella della lentezza della Provincia nel mollare le competenze, costringendo così le Comunità a prelevare compiti dai Comuni lasciandoli quindi come scatole vuote. Questo significherebbe la morte dei piccoli municipi, altro che difesa dei presidi territoriali e della democrazia diffusa. Gilmozzi ha rintuzzato le accuse, ma ha anche contrattaccato. «Sapete quali sono i Comuni che diffidano delle Comunità e che non collaborano? Quelli grandi, che vogliono difendere alcune prerogative di campanile. I Comuni piccoli invece hanno capito benissimo che le Comunità sono la loro salvezza e la loro garanzia».













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