Commercianti compatti: no aperture domenicali

Pretto: qui non c’è la cultura dello shopping, si preferisce andare al lago Prosser: la libertà totale porta solo disastri, concordiamo un calendario


di Silvia Siano


TRENTO. Il no alle aperture domenicali è perentorio e compatto. I negozianti del centro non applaudono al provvedimento che liberalizza gli orari degli esercizi commerciali perché dicono, «non è così che si combatte la crisi, né si rivitalizza il centro storico». Anzi, paradossalmente la si alimenta, perché impone ai commercianti di turnare il personale durante la settimana o di assumere nuovi dipendenti per il week end, facendo quindi lievitare i già alti costi di gestione in un momento di crisi, dove chi non ha denaro per fare shopping non lo fa e basta, nemmeno se i negozi sono aperti di domenica.

«Non penso che tenere aperto la domenica sia utile alla salute del commercio - dice Aldo Pretto, uno dei titolari dell’omonimo negozio in centro storico - la nostra è una città di piccole dimensioni, che non ha la cultura dello shopping fuori dagli orari canonici del negozio. Quando in passato abbiamo sperimentato l’apertura serale, non abbiamo avuto grande riscontro di clientela. Penso poi al trentino medio, che la domenica se il clima lo permette, preferisce andare al lago o in montagna». La ricetta anticrisi non sta allora nel tenere aperto sette giorni su sette. «No - prosegue Pretto - tanto meno in questo momento. Semmai sta nel tenere i prezzi contenuti, alla portata di tanti». E poi nella scelta se tenere aperto oppure no la domenica, a rimetterci sono i dipendenti. «I nostri - continua Pretto - non sono d’accordo» Come non lo sono nemmeno quelli del vicino negozio di abbigliamento De Lorenzi in via Oss Mazzurana. «Non sappiamo cosa deciderà il nostro titolare - dicono - certo che l’apertura domenicale non ci farebbe molto piacere, ma se sarà, dovremo adeguarci».

A irrobustire il fronte del no è Maria Teresa Andreis, titolare insieme al fratello del negozio Raccolta Differenziata. «Sono contrarissima - dice - già lavoriamo parecchio durante la settimana e un giorno di riposo ci vuole. La domenica si trascorre meglio in famiglia, all’aria aperta quando la stagione lo permette, più che a fare shopping. Tranne ovviamente le domeniche a ridosso delle feste di Natale, durante le quali già si lavora. Sono invece propensa all’orario continuato durante la settimana, in modo da consentire alle persone di fare acquisti durante la pausa pranzo». La liberalizzazione non convince nemmeno Giulio Prosser, presidente del consorzio Rovereto in centro. «La libertà totale - commenta - porta solo disastri. La qualità si mantiene solo attuando una strategia di lungo termine. Serve un confronto serio tra le categorie economiche per stabilire e concordare un calendario di aperture. Senza regole, si crea più confusione. Poi non è vero che tenere aperte più ore, aumenta il fatturato. Semmai è vero il contrario».

Unica voce fuori dal coro, è quella di Mario Caneppele: «Aprire la domenica - dice - non è un obbligo, ma un’opportunità. È chiaro che se la si interpreta come ulteriore sforzo da aggiungere a quello dell’intera settimana, l’operazione non è sostenibile, perché i costi sarebbero troppo alti, ma se si pensa di tenere aperto la domenica in qualche periodo dell’anno, ad esempio in autunno, l’idea è da valutare».

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