«Circoscrizione addio, ma non lascio»

Melchiore Redolfi volta pagina ma è pronto a candidarsi in Comune: «La rottamazione? Farò politica per tutta la vita»


di Chiara Bert


TRENTO. «Io farò politica finché sarò nella tomba». Quarant’anni di politica, 15 da presidente della circoscrizione Centro storico-Piedicastello, in una città come Trento fanno inevitabilmente, di un uomo, un personaggio. Melchiore Redolfi, 67 anni, solandro di Mezzana, lo è. E di rottamazione, anche nell’epoca del renzismo, non vuol sentir parlare. «Io sono per rottamare chi vive nel passato».

Lui sostiene invece di vivere saldamente nel presente. Dopo tre legislature da presidente, annuncia che non si ricandiderà: «C’è un tempo della vita per tutto». Ma la politica non la lascia, questo no. E un pensiero a candidarsi in consiglio comunale lo fa: «Vedremo cosa diranno i miei (del Pd, ndr), io sono pronto».

Redolfi, smettere proprio no? Matteo Renzi la rottamerebbe: non si sente un po’ antistorico?

Assolutamente no. Ho cominciato a fare politica a 14 anni, mi è sempre piaciuta e la farò finché vivo. Si rottama chi vive nel passato, ma questa è una circoscrizione che ha bisogno in Comune dei suoi consiglieri di città. Non possono essere tutti della collina...

Diciamolo: non tutti nel Pd faranno i salti di gioia.

Questo lo so. Ma non è un problema.

La sua prima volta in consiglio comunale?

Nel 1974, mitico anno. In circoscrizione a Gardolo, dov’ero segretario della sezione comunista, passammo dal 4 a quasi il 20%. Ricevetti un premio dal partito, un viaggio a Mosca. All’arrivo della delegazione, ci salutò Berlinguer: “Compagni, non pensate di trovare quello che pensate di trovare”. Vedeva lontano.

Sempre stato comunista?

No. La prima tessera, 1965, era della Federazione giovanile socialista. Entrai nel Pci di Longo, quando si oppose all’invasione sovietica della Cecoslovacchia.

Una vita in circoscrizione. Com’è stata?

Sì, prima a Gardolo, per anni. Facevamo opposizione alla Dc, ma non era mai un’opposizione preconcetta, sempre nel merito. Questo me l’ha insegnato il Pci: stai all’opposizione ma lavora come se fossi al governo. Fu grazie alla nostra battaglia se oggi c’è il parco di Melta invece della zona artigianale.

E il consiglio comunale degli anni ’70 com’era?

Era l’epoca in cui i comunisti sono entrati nella stanza dei bottoni. Nacquero allora le circoscrizioni così come le conosciamo oggi. Io ero capogruppo, un ruolo che mi ha insegnato molto. Poi a palazzo Thun ci sono tornato negli anni ’90, con il Pds, sindaco Dellai. E dal ’99 ho fatto ininterrottamente il presidente della circoscrizione. Un’esperienza straordinaria.

Qual è la soddisfazione più grande, dopo 15 anni?

Tra le tante direi il Magnete, la battaglia più difficile portata a casa. Un quartiere nato male, io avevo votato contro. Negli anni ’80 non c’era niente, era tutto privato. Abbiamo ottenuto di costruire un luogo per la comunità e penso che il 2015 sarà l’anno del verde. Abbiamo rotto le scatole al sindaco, agli assessori, ai dirigenti, ai proprietari. Ci sono voluti 10 anni ma ce l’abbiamo fatta.

E l’insuccesso?

Sull’area ex Atesina, ai Solteri, si è fatto un grosso errore. Non si può fare un percorso partecipato e poi decidere di costruire la scuola media a Canova. Il consiglio comunale, compreso il Pd, non ha ascoltato la circoscrizione. Ma noi non ci fermiamo.

Della riforma delle circoscrizioni si discute da anni ma è ancora al palo.

La circoscrizione è il punto di riferimento di una serie di quartieri profondamente diversi tra loro, la sintesi che nessun consiglio comunale saprà mai fare. La mia forza, in questi anni, è stata di valorizzare le presenze partecipative, i comitati. Le priorità di bilancio, che sono il documento principale delle circoscrizioni, sono state il frutto di un percorso tra i cittadini. Dopodiché dico che alla circoscrizione non si possono chiedere pareri su tutto, su argomenti su cui non siamo in grado di esprimerci, penso per esempio alle modifiche al regolamento edilizio.

E i costi? Voi presidenti siete accusati di prendere una sorta di stipendio che una volta non c’era e che lei ha sempre difeso.

Io alla politica ho dedicato tempo e non mi sono arricchito, anzi ci ho rimesso. Quando un’associazione deve sborsare magari 200 euro di carte bollate, spesso i soldi li tirano fuori i presidenti, ma questo non si dice. E ricordo che con l’indennità lorda di un consigliere regionale si pagano tutti i consiglieri circoscrizionali di Trento e Rovereto. Pensare che siano questi i costi della politica è semplicemente ridicolo.

Che voto dà ad Andreatta sindaco?

Un 100. Si è trovato un bilancio molto difficile e ha saputo mantenere il livello dei servizi. La maggioranza dovrebbe rivendicare di più questo risultato. La sfida, con le risorse che calano, sarà sempre più selezionare e spiegare le scelte.

Il problema della sicurezza è sempre più sentito anche in centro storico.

Trento non è una città diversa dalle altre, non sta fuori dal mondo. Probabilmente non eravamo abituati. I problemi vanno affrontati: in piazza Dante serve un’imprenditore che ci creda per aprire la gelateria e poi il posto di polizia all’ex Apt. Non serve la luna.

Come si trova nel Pd di Renzi?

Sono stato bersaniano per partito preso. Ma Renzi sta cambiando il modo di fare politica con la concretezza, io ho fiducia. Credo nel Pd dai tempi dell’Ulivo di Prodi. E credo fortissimamente nella coalizione trentina, con le sue difficoltà. Tenere insieme le differenze, la politica è anche questo.

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